Gli scontri per le strade di Jenin (Fonte: Ansa/Alaa Badarneh)

Nove morti e almeno una dozzina di feriti fra la popolazione palestinese di Jenin, in Cisgiordania. Questo il bilancio dell’operazione che è stata definita dai portavoce dell’Israel Defence Forces (IDF) come una «operazione antiterrorismo». Il raid è stato condotto con l’intenzione di «catturare un terrorista di spicco» appartenente alla Jihad Islamica, gruppo miliziano palestinese.
L’attacco israeliano nella città cisgiordana, che ospita anche un campo profughi, arriva il giorno dopo l’aggressione di un palestinese a un soldato isreaeliano nei pressi della città di Kedumim. Il ventenne ha tentato senza successo di accoltellare il soldato ed è stato ucciso.

Attacco ai civili – Il raid israeliano a Jenin ha portato alla cattura di «una cellula terroristica della Jihad Islamica coinvolta nella realizzazione e progettazione di mlolteplici attacchi terroristici». In un tweet del portavoce dell’Idf, «le tre persone ricercate sono state neutralizzate. Durante un tentativo di arresto, i ricercati hanno aperto il fuoco e sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco con le nostre forze». Inoltre, nell’edificio in cui si sdono barricati i sospettati sarebbero stati ritrovati due ordigni, fatti brillare poco dopo dagli artificieri.
Ma negli scontri a fuoco sono rimasti feriti diversi civili, alcuni dei quali sono morti. Secondo il resonconto delle autorità palestinesi, fra le vittime sono state identificate la sessantenne Magda Obaid e il ventiquattrenne Saeb Azriqi, morto nell’ospedale in cui era stato trasportato a causa delle ferite riportate.
Secondo quanto riportato da Mai Al-Kaila, ministro della Salute palestinese, e da Akram Rajoub, governatore di Jenin, i militari israeliani avrebbero impedito a equipe di medici di soccorrere ed evacuare i feriti civili. Al-Kaila accusa anche l’Idf di avere lanciato gas lacrimogeno dentro il reparto pediatrico dell’ospedale.
Dura la dichiarazione di Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente palestinese Abu Mazen, che definisce il raid israeliano come «un massacro compiuto dal governo di occupazione israeliano nel silenzio internazionale». Nel mentre, Abu Mazen ha proclamato tre giorni di lutto nazionale e ha ordinato l’esposizione di bandiere a mezz’asta in onore dei «martiri del massacro», come riferito dall’agenzia di stampa Wafa.

i guai di Bibi – L’attacco a Jenin riflette il clima di tensione nel governo appena insediato, considerato quello più a destra nella storia di Israele. Lo scontro è fra il potere esecutivo e quello giudiziario: secondo Gali Baharav-Miara, procuratrice generale israeliana, il primo ministro Benjamin “Bibi” Netanyahu non sarebbe idoneo alla carica a causa del processo per frode e corruzione ancora in corso. Il conflitto di interessi motiverebbe un incontro richiesto dalla procuratrice generale con alcuni alti giuristi e funzionari del ministero della Giustizia per la prossima settimana.
Mentre l’Alta Corte di Giustizia valuta il caso di Netanyahu, da Yariv Levin, ministro della Giustizia, arriva un pacchetto di riforme che contiene anche una modifica nella selezione dei giudici: nella proposta, questi sarebbero scelti da una commissione in cui il governo avrebbe la maggioranza.
La proposta di legge non ha incontrato il favore di parte della popolazione: sabato 21 gennaio sono scesi in piazza circa centomila israeliani per protestare contro la potenziale riforma della giustizia.