Sale la tensione tra Roma e Mosca. L’alto funzionario del dicastero degli Esteri di Putin, Alexei Paramonov, ha accusato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini di essere un «falco antirusso» e minacciato «conseguenze irreversibili» qualora il nostro Paese prendesse parte a nuove sanzioni verso la Russia. Un ricatto, che potrebbe realizzarsi nella rivelazione degli accordi siglati nella primavera del 2020, quando in Italia, nel momento più critico della pandemia, arrivarono gli aiuti della Felegazione Russa, oggi rinfacciati a Roma per fare pressione sul comportamento italiabno nei confronti dell’invasione dell’Ucraina. Si tratterebbe di cartelle cliniche con dati sanitari dei pazienti, accordi commerciali per farmaci e strumenti, e di un “patto di ferro” per la realizzazione del vaccino anti covid Sputnik.

“Dalla Russia con amore” – Il 22 marzo 2020, all’aeroporto militare di Pratica di Mare, atterrarono 13 quadrireattori Ilyushin con a bordo medici, infermieri e militari russi dando il via alla missione “Dalla Russia con amore”. L’Italia era in affanno, alle prese con una pandemia che non riusciva a tenere sotto controllo. Mancavano personale sanitario, ma anche mascherine, tamponi e ventilatori polmonari. Bergamo, con più di 7mila positivi, era la città più colpita, ed è lì che si concentrarono gli aiuti russi.

I retroscena – Sin da subito però qualcosa non torna. L’accordo per la missione venne preso il giorno precedente, il 21 marzo 2020, tramite una telefonata tra l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente russo Vladimir Putin. «Non c’è stato tempo per pensare alle reali intenzioni della missione russa perché eravamo in un momento di grande difficoltà», si legge in un’intervista al sindaco di Bergamo Giorgio Gori rilasciata al Corriere della Sera, «dell’arrivo dei russi qui abbiamo saputo all’ultimo».
Gli aiuti arrivarono ma non come ci si aspettava. Secondo quanto riportato dalla Protezione Civile, vennero distribuiti sul territorio nazionale solo 521.800 mascherine (l’Egitto ne mandò due milioni), 30 ventilatori polmonari (di 600 promessi), 1.000 tute protettive, 2 macchine per analisi tamponi, 10.000 tamponi rapidi e 100.000 tamponi normali.
Inoltre, dei 104 aiuti russi, nella lista degli aiuti erano presenti solo 28 medici e 4 infermieri. Gli altri erano tutti militari. Spiccavano poi i nomi di Sergey Kikor, vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica e biologica della spedizione russa, Natalia Pshenlchnaya, vicedirettrice dell’Istituto centrale di ricerche epidemiologiche, e Aleksandr Semenov, dell’istituto Pasteur di San Pietroburgo. La composizione del contingente avrebbe dovuto generare delle domande. Quale il vero ruolo di questi scienziati, e quali i compiti dei militari?

Tra generosità e propaganda – «Sono testimone dell’aiuto prestato a Bergamo dal contingente russo, ma va ricordato che a Pratica di Mare arrivarono più generali che medici. È giusto chiedersi quali fossero le loro reali intenzioni: aiuti, propaganda o intelligence?», ha commentato in un Tweet il sindaco Gori. «Quando parlo di intelligence la intendo in senso scientifico: il vaccino Sputnik sarebbe stato sviluppato partendo da un campione di virus prelevato in Italia. Questo basta per dubitare che la missione fosse dovuta a pura generosità».

Il caso Sputnik – C’è poi un altro dettaglio che non può essere ignorato. A febbraio 2020, nel pieno della prima ondata di covid, la Russia chiese alle autorità cinesi di recarsi a Wuhan, ma il permesso venne negato. Via libera invece in Italia, dove venne loro concesso l’accesso a ospedali, laboratori e dati. Qualche mese dopo il New Yorker scriverà: «Il Dna di un cittadino russo che si è ammalato in Italia il 15 marzo 2020 è stato usato per elaborare il vaccino Sputnik».

Il ponte Roma-Mosca –  Ad aprile 2020 la regione Lazio firmò poi un patto «per la collaborazione scientifica tra l’Istituto Spallanzani di Roma e l’Istituto Gamaleya di Mosca per valutare la copertura delle varianti covid anche del vaccino Sputnik V». Nonostante la mancata approvazione da parte di Ema del vaccino russo, tra i due ospedali ci furono numerosi scambi di dati sensibili relativi al covid. Scambi che si sono interrotti solo qualche giorno fa, quasi tre settimane dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina.