Striscioni di supporto con il motto Donna, Vita, Libertà (fonte: Flickr)

La notizia dell’abolizione della polizia morale in Iran, data dal procuratore generale Mohammed Jafar Montazeri durante una conferenza nella città sacra di Qom, a sud di Teheran, sta rimbalzando su tutti i siti internazionali di notizie, in attesa di una conferma da parte del governo. «La conferma non arriverà», sostiene Tiziana Ciavardini, giornalista e antropologa culturale esperta di Medio Oriente, contattata da La Sestina per un commento. «È uno specchietto per le allodole». Sono quasi passati tre mesi da quando Mahsa Amini è stata uccisa dalla polizia morale per aver indossato scorrettamente il velo, e il Paese è sceso in piazza per protestare.

Tattica di distrazione – «La prima cosa da capire è se questa dichiarazione è stata una superficialità di Montazeri, o addirittura è stata fatta con la volontà di distrarre la stampa dalle altre cose che stanno succedendo in Iran». L’attenzione dei media si è rivolta infatti a quello che sarebbe un evento dalla portata storica (la polizia morale è attiva da circa quindici anni), ma, nei fatti, è fumo negli occhi. Prima di tutto, spiega Ciavardini, le parole di Montazeri non fanno riferimento a un’eliminazione del corpo dei guardiani ma solo a una sua sospensione e a un suo passaggio sotto il controllo della magistratura; in secondo luogo, non sono arrivati commenti da parte del governo. Nel frattempo, sono stati impiccati quattro iraniani, accusati di «cooperazione di intelligenze con Israele»; la repressione delle proteste ha portato, secondo l’agenzia HRANA, a 470 manifestanti uccisi, tra cui 64 minori. Le autorità iraniane hanno ammesso al momento “solo” 200 morti.

Una frattura nel governo – È opinione diffusa di diversi analisti che al momento ci sia una spaccatura all’interno dell’élite iraniana, sostiene Ciavardini: la Guida Suprema Ali Khamenei non apprezzerebbe il modo in cui il Presidente Ebrahim Raisi sta gestendo le proteste nel Paese. Da una parte si starebbero cercando escamotage, che non funzioneranno: «Questa, che chiamo la Rivoluzione Z, perché è fatta dalla Generazione Z, non si fermerà, i giovani non hanno intenzione di arrendersi, vogliono il crollo del regime» puntualizza Ciavardini. D’altra parte, si cerca di sedare con più forza le rivolte. «È atterrato in questi giorni un aereo dalla Russia con un equipaggiamento di caschi e giubbotti antiproiettili», che fanno pensare piuttosto a un inasprimento della repressione.

Toccare la Costituzione – Non cambierebbe, quindi, sostanzialmente nulla, anche se la polizia morale passasse sotto la gestione della magistratura. Quanto a una possibile apertura, da parte del presidente Raisi, a un’applicazione più flessibile della Costituzione del 1979, Ciavardini sostiene che «le modifiche che eventualmente verranno inserite sono il tentativo di dare un’immagine dell’Iran più attuale e moderna. La Repubblica Islamica è in stallo dal ’79: per alcuni le norme sono ancora attuali, ma sempre più persone si rendono conto che sono obsolete e non più attuabili». Ciavardini si riferisce alla previsione della pena di morte, alle norme che regolano l’abbigliamento delle donne e la loro condizione in generale. In Iran, ad esempio, una donna non può ottenere l’affidamento dei figli in caso di separazione, mentre nei villaggi rimane la spaventosa consuetudine che le bambine contraggano matrimoni con uomini più grandi, ed esiste ancora la legge del delitto d’onore, di cui la giornalista si è lungamente occupata.

Una lotta per la sopravvivenza – Ci sono solo due strade adesso, per Ciavardini: «o il regime crolla, o, nel momento in cui le manifestazioni cesseranno, la sua risposta si inasprirà, per evitare che rivolte del genere si ripetano». Ma è improbabile che le proteste scemino. I lavoratori, negozianti e autotrasportatori di Teheran e di numerose altre città sono in sciopero per tre giorni, e gli atenei sono in movimento mentre si avvicina il “Giorno dello Studente”, il 7 dicembre, quando il presidente Raisi dovrebbe tenere un discorso in un’università del Paese. Per Ciavardini, «l’obiettivo è il crollo del regime. Non ci sono riforme che possano calmare gli animi di questi ragazzi, che stanno perdendo gli amici e i famigliari».