Due militari ucraini si riposano su un cannone “Pion” (Fonte: Ansa/Stanislav Kozliuk)

Più di 250 giorni. Tanto è durata l’occupazione di Kherson, unico capoluogo ucraino controllato dall’inizio dell’invasione e dal quale le forze russe il 9 novembre hanno annunciato il ritiro. Dopo trentasei settimane il generale Sergej Surovikin – definito “macellaio” per la brutalità dei suoi interventi in Cecenia e in Siria – si è confrontato mercoledì mattina con il ministro della Difesa russo Shoigu in merito alla situazione nell’oblast alle porte della Crimea. Dal ministero è arrivato l’ok: lasciare la città, schierando comunque una linea difensiva sulla riva sinistra del Dnipro, tenendo quindi il controllo di una sola sponda del grande fiume.

Valore strategico – Rimanendo sulla riva del fiume, l’esercito russo si garantisce comunque una potenziale posizione di vantaggio sulla regione. Non è possibile mettere in pericolo il controllo sulla Crimea, centro degli interessi russi, da secoli alla ricerca di uno sbocco su un “mare caldo”, dove le acque non gelano in inverno. Assicurare una linea di rifornimento verso la penisola annessa nel 2014 è centrale per i piani dell’esercito, che negli ultimi mesi è stato costretto a spostare la propria linea di fronte all’avanzata ucraina.

La situazione dell’occupazione russa in Ucraina a seguito dell’annuncio della ritirata da Kherson (Fonte: Aljazeera)

Non si sono fatte attendere le azioni dell’esercito di occupazione sulle infrastrutture. Per frenare il nemico sono stati fatti saltare cinque ponti in altrettante località: Darivka, Tiahynka, Novokairy, Snihurivka, Mylove.
Ufficialmente la preoccupazione è che gli ucraini vogliano causare un’inondazione bombardando la diga di Kakhova che, a detta delle fonti russe, significherebbe un disastro sia per le forze armate sia per la popolazione civile ancora presente sul territorio.
Sono 80.000 le persone evacuate dalla città, secondo quanto detto dal governatore filorusso Kirill Stremousov. Ma poco tempo dopo le sue affermazioni, il governatore è stato coinvolto in un fatale incidente stradale di cui non sono ancora note le cause.

La diffidenza di Kiev – Già da mercoledì mattina si sono visti i segni indiretti della ritirata delle forze russe. Sui social circolano video di bandiere russe che sono state rimosse dagli edifici governativi della regione occupata.
Ma dallo stesso presidente Volodymyr Zelensky arriva l’invito alla cautela. “Ci muoviamo con molta attenzione, senza emozioni, senza rischi inutili, nell’interesse di liberare tutta la nostra terra e in modo che le perdite siano il più ridotte possibile”.
Anche Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino, procede con i piedi di piombo in merito ai recenti annunci di Mosca: “Non vediamo alcun segno che la Russia stia lasciando Kherson senza combattere”. Podolyak lancia anche l’accusa via Twitter: i russi stanno piazzando mine in luoghi non strategici, ma di importanza civile come appartamenti e fognature.
Il timore è che le dichiarazioni del nemico siano una strategia per distrarre l’attenzione da un possibile attacco su altri nodi strategici, come anche le forze di difesa di Kiev avevano fatto questa estate per trarre in inganno l’intelligence di Mosca.
Dal satellite arrivano però delle immagini che mostrano la creazione da parte dell’esercito russo di nuove trincee in Crimea e la riapertura di altre già esistenti al confine fra la penisola e la regione di Kherson.

La posizione internazionale – Intanto i riflettori sono ancora puntati su ogni piccolo e grande cambiamento nelle reciproche posizioni dei due eserciti.
Lo stesso Joe Biden, all’indomani delle elezioni di metà mandato, si esprime sulla ritirata russa. Il presidente statunitense vede nel movimento di Mosca una prova dei problemi affrontati dall’esercito di Mosca.
Dall’Italia invece arrivano le parole del ministro della Difesa. Intervistato da Il Messaggero, Guido Crosetto risponde in merito alle indiscrezioni su un possibile invio di nuovi missili per sostenere Kiev. «Non escludo che possa esserci in futuro un nuovo provvedimento», premette il ministro «ma nelle ultime settimane abbiamo parlato di formazione, di sostegno economico, di fondi per la ricostruzione delle infrastrutture civili danneggiate dall’aggressione russa». Sembra escluso per il momento l’invio di nuove armi italiane.