Nuvole su Stoccolma, non solo secondo il meteo. Venerdì 28 aprile si terrà nella capitale svedese una riunione dei 27 ministri delle finanze dell’Eurogruppo e il ministro Giancarlo Giorgetti potrebbe essere chiamato a rendere conto della mancata ratifica del nuovo Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. L’Italia è l’ultimo Paese rimasto a bloccare l’entrata in vigore della riforma, ma difficilmente Giorgetti darà certezze ai colleghi, dal momento che la discussione in Parlamento sulla legge di ratifica, prevista in aprile, è slittata a data da destinarsi. Senza il sì dell’Italia, fanno sapere fonti vicine all’Eurogruppo, non si può procedere con le altre misure sul tavolo.

Il ministro Giancarlo Giorgetti a Roma il 26 aprile 2023 (Foto Ansa/Vincenzo Livieri)

Che cos’è il Mes – Il Meccanismo europeo di stabilità è un’organizzazione intergovernativa nata nel 2012, sulla scia della crisi finanziaria del 2008, con lo scopo di aiutare i Paesi dell’Eurozona che non riescono per difficoltà temporanee ad accedere a finanziamenti sul mercato. Ha un capitale di 700 miliardi di euro, di cui 80 versati dagli Stati. Altri 620 miliardi, se necessari, vengono raccolti attraverso obbligazioni. Il Mes può prestare fino a 500 miliardi di euro. Dalla sua fondazione a oggi ha già “salvato” Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Cipro. Gli strumenti che il Mes utilizza sono principalmente due: prestiti, che avvengono attraverso un programma di aggiustamento macroeconomico, e linee di credito precauzionali per i Paesi che sono colpiti da “shock avversi”, come spiega un dossier della Banca d’Italia. L’Italia è il terzo finanziatore del Mes, con 14 miliardi versati, e insieme a Germania e Francia ha la possibilità di porre un veto anche sulle decisioni più urgenti.

La riforma – Nel 2018 è stato messo a punto un progetto di riforma del Mes, che interviene principalmente sulle condizioni necessarie per poter richiedere l’assistenza finanziaria. In particolare, la concessione dei prestiti, che già dipendeva da una verifica preliminare sulla sostenibilità del debito, richiederà anche un’ulteriore verifica preventiva sulla capacità di ripagarlo, che con il trattato ancora in vigore viene svolta solo a posteriori, nella fase di sorveglianza. Per accedere alle linee di credito, invece, basterà una lettera d’intenti, ma solo per quei Paesi che rispettano i parametri di Maastricht. Un’altra novità è l’introduzione di un backstop (rete di sicurezza finanziaria) per il Fondo di risoluzione unico, strumento nato a supporto delle banche europee in caso di difficoltà: di fatto, il Mes fornirebbe degli ulteriori finanziamenti al Fondo.

Perché l’Italia non ratifica – Osteggiata da Matteo Salvini e Luigi Di Maio già nel 2019, la riforma continua a essere un punto nebuloso per l’Italia. A dicembre la presidente Giorgia Meloni, ospite a Porta a Porta, ha sottolineato che le condizioni sono troppo stringenti e ha aggiunto che, finché ci sarà lei, «l’Italia non accederà al Mes… lo posso firmare col sangue». La preoccupazione è quella di un’eccessiva burocratizzazione e di un’ingerenza sempre maggiore delle istituzioni europee nei conti dello Stato. Meloni è anche critica nei confronti dell’inserimento di un Mes sanitario, proposto durante la pandemia, destinato esclusivamente al soccorso dei sistemi ospedalieri. Nelle ultime settimane ha in ogni caso mostrato una lieve apertura, rimandando al Parlamento la discussione e mantenendo fermo il fatto che l’Italia non farà mai ricorso al meccanismo. In un’intervista al Foglio ha dichiarato che «il Mes è stato concepito quando eravamo in un altro mondo» e dovrebbe essere ripensato come «un veicolo di crescita». Ridiscutere i punti della riforma è per il momento un pensiero inattuabile: il testo del nuovo Meccanismo di stabilità è già stato ratificato da tutti gli altri Paesi, compresa la Germania, la cui Corte costituzionale si è pronunciata in dicembre su un’eventuale incompatibilità con la legge nazionale, dando il via libera. «Il Mes è l’ultimo passo da compiere», ha ripetuto il senatore Mario Monti alla vigilia dell’incontro a Stoccolma. «È un passo che solleciterei, rallegrandomi con tutte le forze politiche che stanno dando prova di maturità e buon senso». La stesura del 2012 era stata allora votata dal suo governo.

Cosa si rischia – Il temporeggiare dell’Italia sta facendo innervosire gli altri Paesi. Fonti vicine all’Unione europea hanno detto alla Stampa che a Stoccolma non troverà spazio la «strategia del ricatto». L’idea è che Meloni voglia tenere in sospeso la questione del Mes per avere più leva sulla parallela riforma del Patto di stabilità, ma un funzionario ha fatto sapere all’Ansa che «la mancata riforma sta in qualche modo bloccando ulteriori discussioni. È impossibile parlare di altre misure che potrebbero essere utili». Per la Germania, poi, sarebbe urgente poter attivare il backstop per bloccare il contagio nelle crisi bancarie, considerando il caso di Credit Suisse degli ultimi mesi.