La seconda guerra mondiale compromise due anni scolastici, ma il Covid rischia di fare peggio. Al ministero dell’Istruzione è corsa contro il tempo per mettere in sicurezza studenti e professori in vista del ritorno in aula di settembre. «Didattica in presenza ad ogni costo» è l’obiettivo del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi per evitare di dover ricorrere per la terza volta alla Dad. Ma a due mesi dal suono della prima campanella, oltre 200 mila tra docenti e personale scolastico sono ancora senza vaccino e manca ancora una decisione in merito all’immunizzazione degli alunni dai 12 ai 16 anni.

Il Comitato Tecnico Scientifico è diviso sulla necessità di vaccinare gli adolescenti mentre non esiste, in Europa, un farmaco approvato per coprire la fascia dei giovanissimi (0-12 anni). Anche la possibilità di rendere il vaccino anti-Covid obbligatorio, avanzata dai tecnici, resta impraticabile.

Il Generale Francesco Paolo Figliuolo (foto Ansa)

I numeri del personale scolastico – Sin dall’inizio della campagna di immunizzazione, al personale scolastico era stata riconosciuta la priorità di accesso al vaccino ma a 7 mesi di distanza sono più di 200mila i lavoratori della scuola pubblica a non aver ricevuto, o scelto di ricevere, nemmeno la prima dose. Significa il 15 per cento della categoria, un dato al limite per garantire l’immunità di gregge senza tener conto del diffondersi della più contagiosa variante Delta.

Le defezioni però non sono equamente distribuite sul territorio nazionale. In Lombardia, Lazio e Campania più del 90 per cento di docenti e collaboratori ha ricevuto almeno la prima dose, la percentuale precipita a meno dell’80 in Sardegna, Calabria, Liguria, Umbria, nelle province di Bolzano e Trento. Male la Sicilia, dove più del 40 per cento del personale non si è immunizzata.

Sulla questione è intervenuto il ministro Bianchi ricordando che sebbene non esista l’obbligo di sottoporsi alla somministrazione «la Costituzione riconosce i diritti individuali ma anche la necessità e il dovere della solidarietà. Siamo in grado di vaccinare tutto il Paese entro settembre, chi non lo vuole fare deve esprimerlo di fronte al Paese, ma si deve porre anche il problema della comunità, perché il Paese non riparte se non c’è il senso di responsabilità collettiva che è il cuore stesso della scuola».

Sul tavolo, c’è l’ipotesi di creare corsie preferenziali negli hub vaccinali in grado di garantire le dosi a tutti coloro che mancano all’appello entro settembre e per intercettare chi per paura o diffidenza ha preferito non sottoporsi al vaccino. Una sfida difficile, che ha messo in difficoltà persino il commissario Francesco Paolo Figliuolo. Il Generale in alta uniforme, di recente ha confessato di aver rivolto una preghiera persino a Santa Rita da Cascia, la patrona delle cause impossibili, pur di riuscire ad aiutare il Paese a superare l’emergenza sanitaria. Nel frattempo ha scritto una lettera ai presidenti delle Regioni chiedendo di spingere la campagna vaccinale in «maniera proattiva», cioè coinvolgendo i medici di Base per raggiungere e convincere gli incerti.

L’obbligo del vaccino – «Io sarei per un obbligo generalizzato del vaccino» sostiene Agostino Miozzo, ex coordinatore del Cts, che però riconosce come questa non si tratti di una soluzione applicabile né per i docenti né per gli studenti entro la data fatidica di settembre: «Da qui a fine anno si potrà iniziare a ragionare su questa ipotesi, visto che ci sono già diverse vaccinazioni obbligatorie per la frequenza scolastica». Dello stesso avviso Attilio Fratta, alla guida del sindacato dei dirigenti scolastici che chiede «l’obbligatorietà della vaccinazione» per garantire il ritorno in aula in sicurezza.

Dal Ministero dell’Istruzione fanno sapere che l’obbligo non ci può essere «perché non c’è per nessuno nel Paese. E tutti, vaccinati e no, potranno andare a scuola in presenza». L’invito a prenotare la dose prima dell’inizio dell’anno accademico per docenti e giovanissimi però è esplicito: «Il governo incoraggia anche i ragazzi a vaccinarsi. Non tanto per i benefici personali ma per un gesto di responsabilità e di solidarietà, per un senso di comunità».

Il nodo di Giovani e giovanissimi – negli Stati Uniti sono già partite le sperimentazioni del vaccino Biontech-Pfizer per i ragazzi di età comprese tra 0 e 5 e tra 6 e 12 anni, ma al momento nessuna agenzia del Farmaco ne ha approvato la somministrazione. In Italia questa fascia d’età corrisponde a 6 milioni di bambini, circa il 10 per cento della popolazione che pur essendo la meno esposta ai sintomi della malattia, rischia di rappresentare un serbatoio per il virus e un possibile incubatore di nuove varianti capaci di eludere la risposta immunitaria prodotta dai vaccini.

Altro punto sul quale dibatte il Cts riguarda la necessità di vaccinare gli adolescenti di età compresa tra i 12 e 16 anni. In Lombardia e Lazio sono già cominciate, ma gli scienziati restano divisi. Da un lato c’è chi segue la linea del Generale Figliuolo. Dall’altro, chi ritiene giusta la strategia attuata in Germania, cioè quella di estendere il più possibile la copertura verso le fasce a rischio della popolazione, poiché i benefici per i giovani sono esigui.