Quando hanno sentito la prima scossa del terremoto del 26 ottobre 2016 Luciano e Gabriella, presidi in pensione di 82 e 76 anni, hanno deciso di non passare la notte nella loro casa di campagna appena fuori Pioraco, minuscolo paese dell’Appennino maceratese a 20 chilometri dal confine tra Marche e Umbria. Mentre erano in albergo una seconda scossa ha raso al suolo la maggior parte dei piccoli Comuni dell’entroterra marchigiano, compresa la città universitaria di Camerino. La mattina dopo, quando sono tornati, hanno trovato la loro abitazione in macerie.
Da quel momento per la coppia è iniziato un calvario. 1.300 giorni tra alloggi provvisori e case in affitto, i beni di una vita persi per sempre o ammatassati in un garage. Di ricostruzione ancora nessuna traccia. In questa situazione già di per sé drammatica è scoppiata l’emergenza sanitaria del coronavirus, che ha costretto Luciano e Gabriella all’ulteriore problematica del distanziamento sociale e del rischio di contagio. Come loro, migliaia di persone dell’area, tra cui moltissimi anziani, hanno trascorso il lockdown nelle cosiddette “soluzioni abitative d’emergenza” (i container), senza un alloggio stabile né un lavoro. Per il sindaco di Camerino Sandro Sborgia «È stato un terremoto sul terremoto».
Spopolamento, sisma, virus: un declino senza fine
Prima ancora che una questione economica o urbanistica, l’impatto del Coronavirus nelle zone colpite dal sisma del 2016 è un problema sociale. Per capirlo a fondo bisogna inserirlo in un trend di lungo periodo che le due calamità non hanno fatto altro che accelerare: quello di spopolamento e invecchiamento della comunità. «I paesi di montagna sono isolati, i telefoni non prendono, Internet non arriva», spiega Gabriele Cardinali, sindacalista in forza alla sezione della Uil di Pioraco. «Sisma e coronavirus convivono con altri problemi, fotografia della dinamica più profonda di un territorio che sta morendo».
Stando ai dati Istat, a Pioraco quasi una persona su tre ha più di 65 anni (in Italia il rapporto è uno a cinque), e dopo il terremoto la popolazione è diminuita ogni anno di valori tra il tre e il quattro percento. «I residenti sono poco più di mille», spiega il sindaco Matteo Cicconi, «ma le persone che ci vivono saranno sì e no 800». Stesso discorso a Camerino, dove per ogni 100 persone sotto i 14 anni ce ne sono 280 sopra i 65 (la media nazionale è 173).
«Il terremoto», dice Cicconi, «ha spinto la gente a sostenersi a vicenda, condividendo un problema comune, anche se in tanti sono stati costretti a lasciare il paese». A questa situazione si è aggiunta l’emergenza coronavirus, che ha imposto alla popolazione un isolamento ancora maggiore. Secondo una ricerca dell’associazione “Alzheimer uniti Italia” il consumo di psicofarmaci nelle aree marchigiane del cratere del sisma è aumentato nei mesi successivi alla calamità del 72 percento. «Purtroppo ci aspettiamo che questo dato aumenterà di nuovo, in conseguenza del lockdown», ipotizza Cicconi.
Turismo e piccole imprese, una spinta per non morire
Il tessuto economico dell’Appennino maceratese è composto prevalentemente da piccole imprese, operatori del settore turistico e allevatori. Una sola grande azienda, la cartiera di Fabriano, proprio a Pioraco ha uno dei suoi stabilimenti più importanti. Camerino vive invece dell’indotto legato all’università: il rapporto tra studenti e popolazione residente è di uno a uno, tra i più alti d’Italia.
Il terremoto prima e il Coronavirus poi, distruggendo gli edifici e costringendo a prolungati periodi di chiusura, hanno messo in ginocchio l’intero sistema produttivo e dei servizi. «Il coronavirus è la pietra tombale di un’economia già in difficoltà», dice il sindacalista Gabriele Cardinali.
Un sentimento condiviso anche dalla Confcommercio locale: «Nella provincia di Macerata c’è un grande squilibrio tra l’Appennino e la costa, a favore di quest’ultima», spiega Ivano Buschittari della sezione di San Severino, «questo ha comportato in passato una crisi economica e un reddito pro-capite più basso per gli abitanti dell’entroterra».
La crisi non ha risparmiato neanche la cartiera di Pioraco: crollata e ricostruita a tempo record dopo il terremoto, si è dovuta fermare di nuovo per via della pandemia: «Il blocco desta enorme preoccupazione», afferma il sindaco Matteo Cicconi, «perché molte famiglie dell’area dipendono dal suo corretto funzionamento».
Tutti d’accordo sul fatto che per ripartire servano prestiti ingenti a fondo perduto, a prescindere dai bilanci degli anni precedenti, previsti come metodo di calcolo del finanziamento dal decreto Liquidità di aprile. «Molti allevatori e piccoli imprenditori», spiega Cardinali, «hanno il bilancio in passivo da quando c’è stato il terremoto, e senza la prospettiva di accedere al massimo dei finanziamenti devono svendere i loro prodotti». Sarà indispensabile anche che gli aiuti impongano «meno adempimenti fiscali», dice Buschitteri di Confcommercio, «come la fatturazione elettronica e lo scontrino telematico, che sono solo costi maggiori e preoccupazioni per gli esercenti».
Gli amministratori locali auspicano di ripartire dando una spinta al turismo slow, che valorizzi le bellezze paesaggistiche e l’alta qualità della vita dell’area. «Per farlo bisognerà migliorare anche le infrastrutture e garantire una connessione a banda ultra-larga», spiega il sindaco Cicconi. Senza dimenticare però l’elemento più importante: «Spingere con tutti i mezzi a disposizione per accelerare la ricostruzione».
Ricostruzione: pronti per (ri)partire?
Il nodo cruciale per rivitalizzare l’area dell’alto maceratese è, come riassume Matteo Cicconi, «rimettere in piedi le case dove la gente possa vivere, prima ancora che lavorare». Dopo più di tre anni in cui tutto è stato quasi fermo il Commissario straordinario Giovanni Legnini (il quarto a succedersi in questo incarico) sembra aver deciso di sbloccare la situazione.
Con una serie di ordinanze varate a partire dal mese di maggio l’istituzione incaricata si è prefissa l’obiettivo di snellire delle pratiche che, nel caso delle Marche, hanno una percorrenza media di ben 337 giorni (la più alta tra le regioni colpite dai terremoti del 2016).
Il fulcro del nuovo processo di semplificazione della ricostruzione privata è nel ruolo del tecnico incaricato delle valutazioni. «Sarà suo compito», afferma Ilaria Marchesi, architetta impiegata all’ufficio sisma del comune di Pioraco, «autocertificare lo stato dell’immobile, i lavori di cui ha bisogno, le norme urbanistiche». I funzionari dell’Usr (Ufficio speciale ricostruzione) avranno in questo modo meno carichi di lavoro sulle singole pratiche, le cui istruttorie saranno in parte rimpiazzate dalle autocertificazioni dei professionisti privati. «Verranno anche realizzate delle conferenze congiunte in cui confluiranno le pratiche che necessitano di più pareri», spiega Marchesi.
«Ampliare le possibilità normative in favore dei tecnici», auspica il sindaco di Camerino Sandro Sborgia, «sarà un passo importante verso la velocizzazione della ricostruzione privata». Per Camerino e per l’intero cratere si ventila anche l’opzione di una normativa ad hoc, sul modello del ponte Morandi di Genova.
Prima di implementare le nuove ordinanze del Commissario (per le quali potrebbe essere previsto un Testo unico), sarà tuttavia necessario risolvere un’altra questione: le norme di contenimento del contagio potranno rallentare l’attività dei cantieri? «Questa possibilità è concreta», dice l’ispettore del lavoro Daniele Palmieri, «perché la ratio primaria delle norme relative al Covid-19 è sempre e comunque quella di evitare assembramenti». Questo impedirà inevitabilmente «le grandi ammucchiate per recuperare sui tempi».
Mentre Stato e istituzioni cercano di sbloccare una situazione ancora ferma, Luciano e Gabriella navigano nei faldoni burocratici e la loro storia non vede una fine. Per necessità sono stati costretti a prende in affitto una nuova casa in paese (la terza), in cui si trasferiranno, pandemia permettendo, a inizio estate. Nella disgrazia sono stati fortunati: possono entrambi contare su una pensione da dirigenti scolastici che permette loro di vivere in maniera dignitosa.
Molte persone della zona non ce l’hanno fatta. «La popolazione è fortemente fiaccata», dice Sandro Sborgia, «ma la reazione alle due calamità è stata fantastica, perché la gente si è rimboccata le maniche e ha cercato di andare avanti nel modo migliore possibile».
Ogni giorno Luciano torna nella sua vecchia dimora distrutta e si prende cura degli alberi e dell’orto. È riuscito a recuperare la sua collezione di libri antichi e quella di bambole di sua moglie. Gabriella invece in quel posto non torna più: dopo il 26 ottobre 2016 ha deciso che lo rivedrà solo quando ci sarà la casa nuova.