Nella settimana 5-11 gennaio, i casi di Covid sono aumentati, rispetto alla precedente, del 49% (1.207.689 vs 810.535), i decessi del 37,4% (1.514 vs 1.102). A rilevarlo è il report della Fondazione Gimbe, uscito questa mattina, 13 gennaio. Insieme a contagi, la cui incidenza in 56 comuni supera i 2.000 ogni 100.000 abitanti, e vittime, cresce la pressione sugli ospedali, sia in area medica (+32%) che in terapia intensiva (+20%). Nel secondo caso, solo tre regioni, Basilicata, Molise e Puglia, non superano la soglia critica del 10% di posti letto occupati da pazienti Covid. Anche il tasso di positività ai tamponi, aumentati del 6,8%, è salito dall’8,2% al 14,3% per gli antigenici rapidi e dal 24% al 25,5% per i tamponi molecolari. L’aumento esponenziale dei casi, insieme alla paura di contagiarsi, ha comportato anche problemi nel reperimento della molecola necessaria a produrre l’antibiotico più usato contro il Covid (Zitromax e generico).

I vaccini non bastano – «L’enorme quantità di nuovi casi in continua crescita sta progressivamente saturando gli ospedali sia perché “incontra” una popolazione suscettibile troppo numerosa (2,2 milioni di 0-4 anni non vaccinabili, 8,6 milioni di non vaccinati e oltre 15 milioni in attesa della terza dose) sia, in misura minore, per i fenomeni di escape immunitario dell’Omicron», spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Tuttavia, nonostante la pressione sugli ospedali e una minore protezione dall’ultima variante, l’efficacia dei vaccini è confermata dai numeri: nella giornata di ieri, 12 gennaio, ci sono stati 196.224 nuovi positivi e 313 decessi. L’anno scorso i decessi erano quasi il doppio (616), ma con un numero di casi 14 volte più basso (14.242). L’aggiornamento al 5 gennaio dell’Istituto Superiore di Sanità ha inoltre confermato la riduzione dell’incidenza di diagnosi nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, rispettivamente 35,3 e 80,3%. Ma ha soprattutto ribadito la protezione dalla malattia grave (dell’85,8-94,1% per ricoveri ordinari, del 92,6-97,2% per le terapie intensive) e dal decesso (dell’81,1-95%) rispetto a chi non ha voluto o potuto vaccinarsi. A tal proposito, l’obbligo vaccinale per gli over 50, secondo l’elaborazione della Fondazione Gimbe, non ha sortito grandi effetti se si considera che su 483.512 nuovi vaccinati nella settimana 3-9 gennaio, solo in 73.690 hanno deciso di fare la prima dose.

«Per i vaccinati sarà un’influenza» – Tuttavia «per gli immunizzati il Covid sarà come l’influenza, che infetta ogni inverno milioni di persone ed è letale nello 0,1% dei casi», ha affermato in un’intervista al Corriere della Sera l’immunologo Sergio Abrignani, pur rigettando la comparazione con il virus che provoca il raffreddore. E a chi, memore delle sottovalutazioni in cui spesso sono incappati virologi ed esperti, teme che il Covid-19, tramite l’evoluzione in nuove varianti, possa regalarci altre brutte sorprese, il medico ribatte che «questa volta non ci sono dubbi, i numeri parlano chiaro. Prima dei vaccini il virus era letale nel 2-3 % dei casi. Il 12 gennaio, con circa il 94% della popolazione ultra 60enne vaccinata con almeno due dosi, la letalità è scesa allo 0,12 %». E il 67% dei pazienti in rianimazione è composto da persone non vaccinate: il 10% della popolazione.