Più lenti, più costosi e scelti senza bando di gara. Sono i test sierologici di Diasorin acquistati da Regione Lombardia per la fornitura del comparto pubblico. Eppure sul piatto di alternative più economiche ce n’erano. Come i test della Diapro di Sesto San Giovanni. Stessa tipologia, i quantitativi, e attendibilità uguale o superiore (96-98%), ma al prezzo di 2,5 euro l’uno contro i 4 di Diasorin. Poco più della metà. C’era anche l’opzione pungidito scelta dalla maggior parte delle altre Regioni. In 12 minuti dice se si è entrati in contatto con il coronavirus e costa dieci volte meno. Ed è proprio a partire da un esposto di un’azienda produttrice di pungidito, la milanese Technogenetics, che la Procura di Milano ha deciso di aprire un fascicolo per valutare la legittimità della scelta della Regione. I nodi da sciogliere non riguardano solo la sanità pubblica. La liberalizzazione del servizio di screening scatena la corsa ai test sierologici da parte dei vari laboratori privati e convenzionati. Per ora gli autorizzati sono 49, ma l’assenza di parametri rigidi e di controlli su tipo e costo dei test genera divari in cui è difficile orientarsi. Si va dai 15 euro per un test rapido ai 95 per un quantitativo con responso in 24-48 ore.
Technogenetics vs Diasorin: Perché la Lombardia sceglie i test più cari? – Quasi tutte le regioni hanno acquistato per i laboratori pubblici i test sierologici pungidito, che si basano su una sola goccia di sangue prelevata con l’aiuto di un aghetto. Rapidi ed economici. Non Regione Lombardia che ha incaricato senza gara della sperimentazione dei test qualitativi (risultato in 24 ore e in media 10 volte più cari) la multinazionale italo-cinese della diagnostica Diasorin, in collaborazione con il Policlinico San Matteo di Pavia. La Diasorin dovrà corrispondere per 10 anni alla Fondazione dell’Ospedale una rojalty al tasso dell’1% sul prezzo netto di ciascun kit venduto. Nel frattempo Regione Lombardia ha stipulato un accordo per l’acquisto di 500mila kit, per un valore di 2 milioni di euro, facendo impennare il valore delle azioni della Diasorin. Subito dopo parte una denuncia penale presentata dall’azienda concorrente, la milanese Technogenetics che produce test rapidi. Per vederci chiaro la Procura di Milano apre un fascicolo conoscitivo senza ipotesi di reato, per l’assegnazione diretta e con procedura d’urgenza del bando, da parte di Regione Lombardia a Diasorin. La Regione aveva inizialmente messo sul piatto 8 milioni per i test, con 44 società interessate. Ma la gara è stata all’improvviso congelata, con l’assegnazione della commessa a Diasorin. E non è l’unico nodo nella scelta della Regione secondo Salvatore De Rosa, dirigente della concorrente Technogenetics, che ha presentato l’esposto in Procura. Lo studio di Regione Lombardia, che ha bocciato i rapidi per un’attendibilità sotto il 20%, partiva da un presupposto non corretto: andava a valutare i pazienti all’arrivo in pronto soccorso. Mentre per fare avere validità a un test sierologico devono essere passati almeno 7-8 giorni dal contagio. Non solo. Lo studio commissionato dalla Regione è stato firmato dal professor Fausto Baldanti, membro del comitato diagnostico in Lombardia, ma anche capo dell’équipe che al San Matteo di Pavia sta sviluppando il test in collaborazione con Diasorin. E sui cui guadagni la Fondazione dell’Ospedale incassa l’1%. Emerso il conflitto di interessi e reso pubblico l’accordo, Baldanti si è dimesso dal comitato scientifico della Lombardia.
Il caso della Diapro di Sesto – Un’alternativa più conveniente ai test della Diasorin (95% di attendibilità e bollino CE) scelti da Regione Lombardia viene da Sesto San Giovanni. Nella prima settimana di aprile Marino Marchisio, il titolare della Diapro, sviluppa un test sierologico quantitativo con una precisione superiore al 98% nel rivelare se una persona è stata in contatto con il Sars-CoV-2. Il costo di produzione del kit varia da 2,5 a 5 euro, ai quali va aggiunto un margine lordo dell’azienda del 20%. Quello al 96% di affidabilità costerebbe poco più della metà rispetto ai 4 euro chiesti da Diasorin. E la Regione avrebbe risparmiato quasi 700mila euro sui 2 milioni spesi per i 500mila kit. Da aprile la Diapro ha prodotto quasi un milione di kit, vendendoli in Spagna, Germania, Gran Bretagna, Francia, Brasile e Iran. «Ma in Italia non abbiamo avuto molti riscontri commerciali», dice Marchisio. Se dietro la scelta della Regione starebbe emergendo un conflitto di interessi, anche i prezzi più alti praticati da molte aziende avrebbero una spiegazione. «Spesso», sottolinea Marchisio, «gonfiare i prezzi è la soluzione adottata dall’intera filiera per proteggersi dai ritardi di pagamento della sanità pubblica».
Cosa sono i test sierologici e perché non danno la patente di immunità- Su una cosa tutti i test sierologici sono uguali: non hanno valore diagnostico, ma solo epidemiologico. I test sierologici, rilevando gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta al Sars-Cov-2, servono solo per verificare se si è stati in contatto con il virus. Ma per sapere se si è positivi, l’unica via resta il tampone naso-faringeo: un bastoncino con un piccolo cotton fioc che serve all’identificazione dell’RNA virale nelle mucose respiratorie. «Anche il tampone di cui tanto si parla e si usa come golden standard per la diagnosi della malattia, in realtà dà il 30-35% di falsi negativi», nota però Luisa Bracci Laudiero, scienziata del Cnr Immunology Network. I test sono centinaia, ma si dividono in due categorie: rapidi-qualitativi e quantitativi.
Il test sierologico rapido
I rapidi grazie ad una goccia di sangue, stabiliscono solo se la persona ha prodotto anticorpi e quindi è entrata in contatto con il virus. I quantitativi, quelli scelti da Regione Lombardia, in genere del tipo ELISA o CLIA, necessitano di un prelievo venoso e dosano in maniera specifica le quantità di anticorpi: le immunoglobuline IgM e IgG. Le IgM vengono prodotte per prime, dopo 7-8 giorni dall’infezione. Con il tempo il loro livello cala per lasciare spazio alle IgG, che si sviluppano dopo 14-15 giorni e sono solo potenzialmente neutralizzanti. Per verificarlo, servono esami più approfonditi. «Ma i rapidi non li rilevano, quindi non possono darci nessuna base d’immunità», dice Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli). E, come aggiunge Mario Plebani, professore di Biochimica e Biologia Molecolare dell’Università di Padova, la gran parte di questi test arriva dalla Cina priva della certificazione di attendibilità, spesso non superiore all’80%. In difesa del metodo rapido, bocciato dalla Regione, è intervenuto Massimo Galli, virologo del Sacco di Milano: «L’attendibilità, sulle persone con l’infezione, è decisamente sopra il 94-95% e servono per scremare chi asintomatico ancora butta fuori virus e chi non lo butta fuori più, scusate se è poco. Tra i 10 e i 12 minuti si ha la risposta, altro punto di forza. E il costo è dieci volte inferiore a quello di un test con la puntura del braccio».
La liberalizzazione che lancia la corsa ai test dei privati – Migliaia di prenotazioni, centinaia di esami eseguiti e molti sold out. È corsa al test sierologico privato in Lombardia. Dopo il via libera arrivato il 12 maggio dalla Regione anche i laboratori di microbiologia e virologia privati convenzionati possono eseguire i test.
E al Centro Medico Santagostino, rete di strutture fra le 49 autorizzate, le prenotazioni in due giorni hanno raggiunto quota 4 mila, bloccando temporaneamente le agende. Alcuni come il Gruppo San Donato e il Centro cardiologico Monzino hanno privilegiato convenzioni con le imprese, mentre Multimedica, Auxologico, Humanitas e altri hanno aperto anche ai cittadini privati. Con un obbligo: garantire il tampone a chi risulti positivo. Ma se per i centri che già li svolgono per la sanità pubblica (e a cui devono riservare la stessa quantità del prima via libera) è più facile garantirli, negli altri casi spesso si attende parecchio. Stessa cosa nelle altre Regioni: il comparto pubblico compra un tot di test sierologici, ognuno il suo, da riservare alla campagna gratuita mirata a zone o categorie più esposte e poi lascia il campo e il business nelle mani dei privati. Anche qui, ognuno sceglie tipologia e prezzo. Molte le cliniche private che in Toscana, Lombardia, Sicilia e Veneto forniscono screening gratuiti a personale ospedaliero o penitenziario, medici di base e dentisti. Dai test eseguiti nei primi tre giorni nei presidi lombardi MultiMedica è emersa una positività per le IgG (anticorpi potenzialmente immunizzanti) del 18% dei casi asintomatici testati e intorno al 5,5 per le IgM. Anche la Fondazione Poliambulanza di Brescia ha fatto i primi screening scegliendo quelli della Abbott, la multinazionale americana che ha vinto la gara bandita dal ministero della Salute per la fornitura di 150mila test destinati al campionamento statistico della popolazione. Garanzia di attendibilità: 96% e stessa tipologia di quelli di Diasorin, scelti da Regione Lombardia ma scartati dal ministero. Le percentuali di anticorpi più basse a Brescia rispetto a Milano generano dubbi di attendibilità negli esperti. Su 688 test sierologici effettuati solo 5 hanno evidenziato IgG positive. E nel bresciano i positivi accertati al covid-19 sono oltre 12mila.
La “giungla” dei prezzi e le prime truffe – «Ora è il momento della sierologia. La spinta popolare a fare il test sierologico è forte e, ovviamente, i furbacchioni hanno fiutato odore di business a lunga distanza», scrive l’epidemiologo Luigi Lopalco sulla sua pagina Facebook. Con il boom di richieste i test sierologici sono diventati un vero business per i laboratori che corrono ad accaparrarseli. Ma l’assenza di una verifica dei requisiti ministeriali (95% di attendibilità e marchio CE) e di un costo calmierato scatenano dubbi sull’affidabilità e caos sui prezzi. E la maggior parte dei laboratori lombardi non segue la Regione nella scelta dei test di Diasorin. In media, in Lombardia, si va dai 15 euro dei test rapidi offerti dal Laboratorio analisi San Giorgio ai 95 euro per i quantitativi della Clinica San Martino di Malgrate (Lc).
Anche nel resto d’Italia variano tipologie, condizioni e costi: dai 45 euro delle case di cura Usi a Roma, ai 60 chiesti dalla Casa della Salute di Genova fino ai 150 di Altamedica di Roma, per il servizio a domicilio.
A cui si aggiunge il prezzo per l’eventuale tampone nel caso di presenza di anticorpi. In questo caso il prezzo suggerito è di 62,89, ma il rimborso è garantito dal sistema sanitario solo in caso di positività.
E in molti casi il prezzo suggerito rimane un consiglio: dai 70 euro dell’Auxologico di Cusano Milanino fino ai 110 del Toma Advanced Biomedicali Assays Spa di Busto Arsizio.
Il disavanzo rimane a carico del cittadino. Un’eventualità non sottolineata dal presidente della Regione, Attilio Fontana. Dopo averne acquistati 500mila da Diasorin, Fontana sconsiglia ai lombardi di fare i test sierologici in quanto privi di valore diagnostico e aggiunge: «Abbiamo concesso l’autorizzazione a questa folle corsa, con la condizione che il laboratorio offra però anche la possibilità di effettuare il tampone, qualora il soggetto risultasse positivo agli anticorpi. Se anche il tampone dovesse risultare positivo, provvederemo a rimborsare la tariffa pagata per la prestazione». Uno vero fallimento della sanità pubblica, secondo il professor Massimo Galli, virologo dell’Ospedale Sacco di Milano.
Oltre ai 49 laboratori pubblici e privati autorizzati dalla Regione, ci sarebbero anche delle strutture abusive. La Ats di Milano ha diffidato un ortopedico, un dentista, un’associazione che si occupa del trasporto dei malati e un consorzio di amministratori di condominio. Tutti avrebbero offerto, senza autorizzazione, test a costi altissimi a cittadini in cerca di una millantata patente di immunità. «Cosa che», spiega Lopalco, «i test sierologici non garantiscono. Per verificare la presenza di anticorpi protettivi servono analisi di verifica della capacità di neutralizzazione del virus».