La Galleria Vittorio Emanuele a Milano, 16 dicembre 2020. Ansa / Paolo Salmoirago

I milanesi sapevano già da settimane, se non da mesi, che questo Natale 2020 sarebbe stato diverso e ieri, 16 dicembre, è arrivata l’ennesima conferma. Il prefetto del capoluogo lombardo Renato Saccone, insieme con il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica della città, ha preso la decisione di contingentare gli ingressi nella Galleria Vittorio Emanuele. Questa una delle misure pensate per ridurre la diffusione del Covid-19 nei giorni “caldi” del periodo natalizio che rimarranno attive almeno fino al 6 gennaio. Se questo 2020 fosse un anno normale, il passaggio coperto che collega piazza del Duomo e piazza della Scala vedrebbe quantità impressionanti di persone impegnate nello shopping natalizio o incuriosite dall’albero di Swarovski che ogni anno viene allestito al centro della Galleria. Ma l’arrivo della pandemia ha cambiato tutto, anche il Natale, e dunque entrare in uno dei luoghi simbolo della città di Milano non sarà la stessa cosa. Le forze dell’ordine consentiranno l’accesso ma vigileranno sul rispetto delle distanze di sicurezza e impediranno la creazione di assembramenti regolando i flussi in ingresso e in uscita.

La Galleria – Il monumentale edificio, che porta il nome del re che unì Milano all’Italia, venne inaugurato nel 1877. Anche se il progetto era stato approvato circa un decennio prima, quando, nel 1859, il Comune della città aveva deciso di indire un concorso internazionale al quale parteciparono 176 architetti per realizzare una “via coperta” che collegasse piazza del Duomo a piazza della Scala. L’incarico fu assegnato a Giuseppe Mengoni che nel suo progetto propose la costruzione di una lunga galleria attraversata da un braccio, con al centro dell’incrocio una grande “sala” ottagonale. Qualche anno dopo, nel 1865, iniziarono i lavori con la posa della prima pietra da parte del re Vittorio Emanuele II di Savoia.
Con i suoi locali e negozi la Galleria nei primi anni del Novecento divenne punto nevralgico della vita mondana e della scena musicale milanese e iniziò ad essere considerato il “salotto” della città. Negli anni precedenti lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ebbe anche un ruolo politico: fu sede di alcune manifestazioni a favore o contro l’intervento dell’Italia nel conflitto e nel 1917 nello storico caffè Biffi, che ha qui ancora oggi la sua sede, morì l’anarchico Bruno Filippi, ucciso dalla bomba che stava progettando di far esplodere nel locale frequentato dal “bel mondo” milanese.

Distruzione e rinascita – La Galleria venne distrutta in maniera importante dai bombardamenti alleati del 15 e 16 agosto 1943 (qui, al minuto 1,01, in un filmato d’epoca): si perse la copertura in vetro, parte di quella metallica e le decorazioni interne. In ritardo rispetto alla ricostruzione di altri edifici, soltanto nel 1948 si iniziò a lavorare per il restauro. Ci fu un lungo dibattito riguardo allo stile da seguire che alla fine non si discostò dal progetto originale e la seconda inaugurazione avvenne nel 1955. Altri importanti lavori hanno interessato la Galleria negli anni ’60 e, più di recente, da marzo 2014 ad aprile 2015 in occasione dell’Expo.
Così come lo è stato in passato, questo luogo è ancora oggi uno dei simboli della vitalità e dellla bellezza del capoluogo lombardo. E ogni anno è tappa obbligatoria per migliaia di turisti che si divertono a ruotare per tre volte su sé stessi col tallone del piede destro piantato in corrispondenza dei genitali del toro ritratto a mosaico sul pavimento dell’ottagono della galleria perché, secondo una diceria popolare, sembra che porti fortuna nella vita e negli affari.