Negli Stati Uniti «l’impennata che probabilmente si verificherà con la nuova variante del coronavirus dall’Inghilterra avverrà nelle prossime sei-14 settimane». È questa la previsione di Michael Osterholm, illustre epidemiologo e direttore del centro per la ricerca e la politica sulle malattie infettive presso l’Università americana del Minnesota.

«That hurricane is coming»Osterholm, che ha fatto parte del comitato consultivo americano per il coronavirus durante la transizione di Joe Biden, è intervenuto al programma Meet the Press della Nbc e ha avvertito gli Stati Uniti a prepararsi ad una nuova ondata del virus più contagiosa e più virulente. «If we see that happen…we’re going to see something like we have not yet seen in this country», dunque un «disastro mai visto» che andrebbe ad aggiungersi a una situazione già fuori controllo. Gli Usa sono infatti il paese più colpito al mondo: a oltre un anno di distanza dall’inizio della pandemia, il numero dei contagi ha superato la soglia dei 26 milioni e le vittime sono state oltre 440.000, secondo gli ultimi dati raccolti dalla Johns Hopkins University. Il nuovo ceppo è stato identificato per la prima volta in terra americana alla fine di dicembre, ma si pensa che circolasse già a ottobre. Osterholm ha esortato la nuova amministrazione a muoversi più rapidamente per vaccinare quante più persone possibili, almeno con la loro prima dose, per cercare di evitare una diffusione più massiccia della variante.

Le varianti – Il primo ministro britannico Boris Johnson aveva già messo in guardia sulla variante inglese, dicendo che potrebbe essere più mortale del 30% rispetto al virus originale. Al momento, però, i dati scientifici parlano di una maggiore contagiosità, escludendo invece una letalità più elevata. Da quando il coronavirus ha fatto la sua comparsa sono state registrate migliaia di varianti, ma sono tre in particolare quelle che hanno destato più preoccupazione nella comunità scientifica: l’inglese, la sudafricana e la brasiliana, dal nome dei Paesi in cui hanno avuto origine. Non c’è ancora evidenza che queste siano più dannose per chi le contrae ma quella brasiliana, in particolare, cambierebbe la forma della proteina spike (quella che consente al virus di aggredire le cellule) in un modo che potrebbe rendere la proteina stessa meno riconoscibile al sistema immunitario rendendo più difficile il compito degli anticorpi.

Il vaccino contro le varianti – A sollevare preoccupazione è stata la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen: «Prepariamoci ad affrontare le varianti, possono essere una minaccia per i vaccini». L’allarme è stato lanciato anche da Albert Bourla, numero uno di Pfizer, la casa farmaceutica che per prima ha messo a disposizione il suo farmaco anti-Covid. Intervenendo al Forum economico mondiale di Davos, Bourla ha dichiarato che c’è un’alta possibilità che i vaccini possano, un giorno, diventare inefficaci. Intanto, da Moderna a Johnson & Johnson, aumentano le aziende che annunciano l’efficacia dei propri prodotti anche contro le varianti. La comunità scientifica è ancora prudente ma c’è ottimismo: i vaccini anti-covid dovrebbero essere efficaci e consentirebbero di neutralizzare anche i nuovi ceppi di coronavirus.