Alla mattina del 25 febbraio sono state somministrate 3.798.782 dosi di vaccino dal giorno della partenza della campagna vaccinale italiana contro il Covid-19, iniziata il 27 dicembre. Ma su una popolazione di oltre 59 milioni, soltanto 1.345.839 di persone ha attualmente ricevuto la seconda dose. Alle regioni ne sono state distribuite circa 5 milioni e ne rimangono più di un milione e mezzo ancora inutilizzate. I ritardi nelle consegne di Pfizer/BioNtech e AstraZeneca hanno contribuito a rallentare la somministrazione, ma il vero problema è stata la gestione della campagna che fino a oggi in Italia e in Europa non è riuscita a ingranare.

I “furbetti del vaccino” – Da un’inchiesta del Corriere della Sera pubblicata oggi è emerso come, tra i molteplici problemi del piano vaccinale italiano, ci sia anche quello dei “furbetti del vaccino”. Nel confronto con la Francia, il nostro Paese risulta molto indietro nella vaccinazione delle fasce più a rischio, come quella degli over 70. E si resta perplessi davanti al fatto che siano state iniettate ottocentomila dosi in più rispetto a quelle necessarie (1,4 milioni, comprendenti prima dose e richiamo) al personale sanitario «in prima linea». Colpa di chi ha approfittato delle linee guida del ministero della Salute, troppo elastiche e poco chiare, per farsi vaccinare: iscritti a ordini professionali collegati al mondo sanitario, personale in pensione, addetti amministrativi.

Questione “dose singola” – Tra le soluzioni pensate per velocizzare il processo e aumentare la protezione della popolazione, c’è la cosiddetta “dose singola”, strategia al momento prevista per le province di Brescia e Bergamo dove i contagi continuano a crescere in maniera preoccupante a causa della variante inglese. Somministrare a tutti la prima dose invece di procedere con i richiami, che per AstraZeneca sono previsti dopo tre mesi, e fissati in Italia per Moderna e Pfizer a tre settimane. Una scelta che verrà discussa oggi e domani in videoconferenza al Consiglio europeo, il primo vertice europeo a cui Mario Draghi parteciperà in veste di nuovo presidente del Consiglio italiano. Si tratterà il tema sulla base di uno studio scozzese che dimostrerebbe come la prima dose consenta una diminuzione delle ospedalizzazioni del 95% con AstraZeneca e dell’85% con Pfizer, consentendo di ridurre la pressione sulle strutture ospedaliere. Nel Regno Unito e in Israele l’iniezione unica ha consentito di vaccinare un maggior numero di persone, seppur in maniera parziale.

I ritardi dell’Unione Europea – Non solo Regno Unito e Israele, che a oggi risulta il Paese più efficiente con almeno una dose di vaccino somministrata al 50% della popolazione, anche gli Stati Uniti hanno superato ormai da mesi l’Unione Europea nella campagna vaccinale. I ritardi nelle consegne hanno interessato tutto il continente ma è stata riscontrata una difficoltà sostanziale nella gestione dell’acquisto e distribuzione delle dosi. Infatti, secondo gli analisti, sarebbero l’eccessiva burocratizzazione dei processi decisionali dell’Ue e la decisione di procedere in modo compatto, mettendo al vertice la Commissione, ad aver rallentato in maniera sostanziale la distribuzione in Europa. Una strategia che ha evitato una penalizzazione dei Paesi più piccoli e con minore potere contrattuale, che ha consentito di ottenere prezzi più bassi ma ne avrebbe sacrificato la velocità di azione. In un’intervista al quotidiano Augsburger Allgemeine, la presidentessa della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha assicurato che ci sarà presto una ripresa: «Stiamo recuperando terreno. La Gran Bretagna ha inoculato 17 milioni di prime dosi. Sono 27 milioni nell’Ue. In Italia, con una popolazione simile a quella della Gran Bretagna, il doppio dei cittadini ha ricevuto una protezione totale dalla seconda dose rispetto al Regno Unito». E parlando della strategia di acquisto dell’Unione ha aggiunto: «A questo proposito, nonostante tutti gli ostacoli, il percorso europeo resta la decisione giusta».