«Ben venga la mobilitazione popolare. Intanto, l’importante è che sia cominciata», sono queste le parole di Caterina Arcidiacono, psicologa sociale del Lavoro e delle organizzazioni presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, dopo le immagini delle piazze piene di persone scese a manifestare non solo per la giornata del 25 novembre.

La mobilitazione – Per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, le piazze delle principali città italiane sono state luogo di manifestazioni e proteste. A Milano, Roma, Napoli, i cortei pieni di cartelli, striscioni e colori diversi, si sono mossi all’unisono, condannando ad alta voce la società patriarcale e la cultura dello stupro. «È ora di dire basta alle giustificazioni, che sminuiscono il problema della violenza fino a renderlo invisibile», ha commentato Arcidiacono: «Quando si parla di un femminicidio, si risponde sempre che non riguarda la propria sfera quotidiana, che il fatto è estraneo alla propria vita. Si parla sempre di un alterato, di un cattivo fidanzato. Ma le giustificazioni spezzano le responsabilità».

Riflettori accesi – Arcidiacono vorrebbe che il ruggito per Giulia Cecchettin non rimanesse inascoltato, ma che si continui a lottare tutti i giorni per non parlare più di vite strappate. «È necessario sottolineare tutti quei piccoli comportamenti, strutturali nella nostra società, che sono di premessa all’atteggiamento giustificativo. Comportamenti che hanno per oggetto il possesso, la protezione patriarcale. È il concetto del “proprio” l’elemento distruttivo da condannare». Combattere questo fattore significa «far rivendicare alle donne la propria autonomia e insegnare agli uomini che c’è sempre vita al di là del possesso». In altre parole, serve sensibilizzare quotidianamente sugli affetti per educare gli uomini ed estirpare la violenza sulle donne.

Il femminicidio di Cecchettin – «Tutto è avvenuto nella normalità, per questo il caso ha fatto tanto scalpore. Chiunque poteva esserne protagonista», Arcidiacono ha descritto così la particolarità di questo femminicidio e la mobilitazione che ne è scaturita. Il corpo della 22enne di Vigonovo (Venezia) era stato ritrovato il 18 novembre vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone, dopo una settimana di ricerche. Una vicenda, per cui l’ex fidanzato Filippo Turetta è accusato di omicidio volontario, che ha riacceso il dibattito politico e smosso il grido della popolazione. Soprattutto di quella femminile, stanca di avere paura e di subire violenze.