In corso Como, a Milano, è da poco passata la mezzanotte e la nebbia crescente spinge le persone che di solito animano la movida a ritirarsi verso casa. Non c’è molto movimento, tra i locali, men che meno per i conteggi delle schede che da qui a breve decreteranno i nuovi equilibri mondiali.
In pochi, tuttavia, non sanno che tra poche ore verrà fatto il nome del nuovo presidente degli Stati Uniti. Ingrid, 18enne, è tra questi, ma con una rosa rossa tra le mani e un paio di orecchini luccicanti in ogni caso non ha dubbi: «Voterei Harris, odio il razzismo». Diversa l’opinione di Elena, 55 anni, architetta: «Ci potranno essere anche derive razziali, però voterei per Trump». Illuminata dalle luci a led di un cocktail bar sotto delle torri di piazza Gae Aulenti spera in qualcuno che abbia polso, potere e forza decisionale e non crede che ci sarà un colpo di stato, se Trump non dovesse riconoscere una vittoria democratica. «Chi si sarebbe mai aspettato l’attacco di Capitol Hill?», si chiede Ludovica, impiegata di 27 anni. «Oggi spero ci sia una salda preparazione, visti i trascorsi». Non fa fatica a definire Trump estremo e sensazionalistico: «Intorbidisce le acque, ma ci ha fatto capire l’importanza di guardare all’elettorato medio, anche alle sue paure». Il giudizio di Sumudu, buttafuori quarantaquattrenne della discoteca dietro l’angolo, è ancora più netto: «Tutti i politici sono ladri, rubano solo», e chiede volti nuovi.

A pochi passi il clima è più acceso. Alle spalle i bastioni di Porta Nuova. In una birreria i tifosi esultano, e tra un sorso e l’altro si canta «You and me were meant to be, walking free, in harmony» (Io e te siamo fatti per stare insieme, per camminare liberi e in armonia). La colonna sonora non è delle più azzeccate. Il Milan ha appena vinto sul Real Madrid, e le attenzioni stasera non sono granché rivolte oltreoceano. «Io voterei Pulisic?» proclama qualcuno fra le rida degli amici riferendosi al calciatore rossonero, ma c’è comunque chi si sbilancia. Sotto i colori delle sciarpe dei club calcistici, Gianmarco, veronese di 31 anni, rivela di aver inviato ad alcuni suoi amici delle foto di Trump, «ma mi sono stupito di quanti di loro le abbiano prese seriamente». Davide, cinquantenne, lamenta il poco carisma di Harris: «Trump è mezzo matto, ma nella sua pazzia potrebbe mettere a posto qualcosa». Il suo amico psicologo pensa che Harris sia contraddittoria, «ma il suo avversario dice cag…, scegliere tra un pazzo e una pazza è difficile anche per gli americani».
Con i boccali colmi sul vassoio, il barista è sulla stessa linea: «Harris sarebbe il prolungamento di Biden, almeno Trump smuove un po’ le acque e certamente cercherà di fare la pace», ma c’è chi intorno risponde che tutti in Paesi dovrebbero governare donne. «Sono incorruttibili».

A pochi metri, al cinema Anteo, sono appena finite le proiezioni di Parthenope, il nuovo film di Sorrentino, e si è appena concluso un evento documentaristico per appassionati di montagna. «Voterei Harris, ma non mi rappresenta», confida uno studente di giurisprudenza di 22 anni. Ben, 10 anni in più, ha espresso la sua preferenza in Vermont via voto postale. Ora vive in Canada e spera nella vittoria di Harris. Tra poche ore tornerà a casa, oltre l’Atlantico, e scoprirà chi governerà il suo Paese per i prossimi quattro anni.