L’interruzione volontaria di gravidanza continua a a essere un problema per molti ospedali italiani. Dopo la decisione della Regione Lazio di indire un bando per assumere due medici all’ospedale San Camillo di Roma, in modo da garantire l’applicazione della legge 194, si è riacceso il dibattito tra obiettori e non. Alcuni difendono la scelta dell’ospedale romano, altri invece ritengono discriminatoria la selezione prevista dal bando. «Così non viene rispettato un diritto di natura costituzionale quale è l’obiezione di coscienza», attacca la Cei. Dello stesso avviso la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, secondo la quale il diritto all’obiezione di coscienza prevede anche la possibilità di cambiare idea nel corso della carriera lavorativa, da non obiettore a obiettore e viceversa, anche per più volte». Si legge in proposito all’articolo 9 della 194: «L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale». Proprio su questo punto in molti dissentono, ritenendo che i ginecologi dovrebbero chiarire la loro posizione in merito prima dell’assunzione. La legge sottolinea come sia un diritto-dovere della Regione garantire la sua attuazione: da questo punto di vista la scelta del presidente, Nicola Zingaretti, sembra coerente con la norma.
In Italia – Secondo i dati dell’ultima relazione del Ministero della Salute, tra il 2006 e il 2014 gli obiettori sono aumentati dal 77,7% al 78,2%. Nel Sud la situazione è ancora più grave, con un picco dell’89% in Sicilia. Il numero di ginecologi antiabortisti diminuisce invece spostandosi al Nord, dove il dato è inferiore a quello della media nazionale, che è del 70,7%. Per questo dato lo scorso anno il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha richiamato l’Italia, a seguito di un ricorso presentato dalla Cgil.
In Lombardia – Il numero di obiettori in Lombardia è al di sotto della media nazionale, ma in ogni caso la Regione spenderebbe 255.556 euro per pagare medici esterni, disposti a praticare l’interruzione di gravidanza, che in alcune strutture continua a essere una prassi molto limitata o delegata ai pochi non obiettori. Secondo i dati di un’indagine del Pd regionale, aggiornata al 2014, nella maggior parte degli ospedali milanesi i medici che si rifiutano di praticare l’aborto sono la maggioranza. «Non c’è però una vera carenza, a differenza che in altre regioni», sottolinea la dottoressa Alessandra Kustermann che, a proposito della polemica sul San Camillo, ha detto che «se in un ospedale sono tutti obiettori è ovvio che non ci sono altre alternative che un concorso dedicato. E oggi la normativa consente di farli. Nel bando per altro non è scritto che devono essere non obiettori, ma che verranno assunti per il servizio 194». «La cosa invece che secondo me non è corretta» – aggiunge – è prevedere la messa in esubero sulla non obiezione, perché questo non è possibile». Il vero problema secondo Kustermann è il carico di lavoro, che per i non obiettori non dovrebbe essere dedicato solo all’applicazione della 194. «La scelta di fare aborti – conclude – dovrebbe essere gratificata non penalizzata. Secondo me infatti chi pratica aborti è un medico più completo, perché disponibile ad accettare fino in fondo le scelte della donna».