Polo chimico Solvay di Bussi

Polo chimico Solvay di Bussi

Per quarant’anni 700 mila persone hanno bevuto i veleni della discarica di Bussi sul Tirino, nel Pescarese. Il verdetto dell’Istituto superiore di Sanità è duro, e forse in ritardo: arriva il 26 marzo 2014, sette anni dopo la chiusura degli impianti chimici che hanno inquinato la zona. E molto dopo i primi tentativi di bonifica.

A Bussi è dagli anni ‘30 che si lavorano alluminio, cloro e silicio con la Montecatini Edison, che nel 2002 ha poi ceduto alla francese Solvay. Il risultato è stato definito dagli ambientalisti “la più grande discarica d’Italia”, con oltre 250 mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali su 30 ettari di terreno. E ora, mentre i responsabili dei due colossi chimici sono processati a Chieti insieme con altri 20 indagati, emergono i rischi per i cittadini.

“La qualità dell’acqua è stata indiscutibilmente significativamente e persistentemente compromessa”, dice la relazione depositata in aula, ed “è stata distribuita in un vasto territorio e a circa 700 mila persone senza controllo e persino a ospedali e scuole”. La causa è attribuita alle attività chimiche in aree “ad alto rischio” per la falda acquifera, oltre che per gli sversamenti “incontrollati” di residui chimici. Insomma, la creazione di discariche abusive, non impermeabilizzate e adeguate allo smaltimento. La cosa grave, sottolinea la nota, è che la popolazione è rimasta all’oscuro di tutto e questo ha di fatto “pregiudicato la possibilità di effettuare nel tempo trattamenti adeguati alla rimozione delle stesse sostanze dalle acque”. Ora solo una parte potrà essere rilevata. Per questo, concludono i consulenti tecnici dell’Avvocatura dello Stato, si può parlare di “pericolo significativo e continuato per la salute”. Il cloruro di vinile, ad esempio, che è una delle sostanze rilevate a Pescara nei pozzi Sant’Angelo e nelle fontane pubbliche di Torre de’ Passeri, ma anche a Chieti, a Tocco, a Castiglione e a Popoli, “è un noto agente cancerogeno nell’animale e nell’uomo”. Così come dannosi sono il tricloroetilene o il cloroformio, presenti oltre i limiti di legge.

Fiume Aterno nel Pescarese

Fiume Aterno nel Pescarese da Greenreport.it

Il problema, secondo il Wwf, è però sotto controllo dal 2007: “I pozzi Sant’Angelo sono stati chiusi da allora grazie alle nostre denunce”, spiega il presidente della sezione abruzzese Luciano Di Tizio. “Ma fino ad allora i cittadini hanno bevuto l’acqua contaminata erogata dall’acquedotto della Val Pescara”. L’indagine della Forestale, nel 2007, porta infatti alla scoperta della discarica chimica, alla chiusura degli impianti e a nuovi pozzi scavati a San Rocco, a valle della zona contaminata. In contemporanea, partono i campionamenti delle acque che producono la relazione odierna. A febbraio di quest’anno, invece, il Gip di Pescara dispone il sequestro di tre nuove discariche del polo chimico, che non erano state bonificate come richiesto dopo l’avvio del processo.

Immagine del sito di Bussi, da primadanoi.it

Immagine del sito di Bussi, da primadanoi.it

Secondo l’Ispra, che ha analizzato la situazione per il ministero della Salute, il danno ambientale legato di Bussi è di 8,5 miliardi di euro. La bonifica potrebbe costarne 600 milioni. A Roma i problema è affrontato della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera, che avrebbe proposto un tavolo tecnico per favorire la riconversione dell’area con progetti a basso impatto ambientale, così da rendere l’area un esempio per le altre bonifiche del Paese. Legambiente si dice d’accordo.

In tribunale, intanto, i vertici delle aziende responsabili attendono il giudizio d’appello per adulterazione della acque. Il 25 marzo la procura ha invece chiuso l’inchiesta bis sulla discarica, formalizzando le accuse di omessa bonifica per sette vertici della Solvay.

Eva Alberti