Una condanna all’ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Questa la richiesta formulata dal pubblico ministero Francesca Gentilini nei confronti di Lucia Finetti, accusata di avere accoltellato a morte il marito Roberto Iannello mentre si trovavano insieme in macchina.
I fatti – Finetti ha ucciso il coniuge di 55 anni in pieno giorno nel quartiere Baggio, nel milanese. Lei, casalinga di 51 anni che dava lezioni di cartomanzia. Lui, 55enne cassiere in un supermercato. I due si stavano separando e da un po’ non vivevano più insieme. Quel giorno però dovevano rivedersi per «l’ultima lezione di guida». L’imputata infatti era incerta al volante e aveva già chiesto in passato a Iannello di aiutarla. Nell’abitacolo della Seat Marbella intestata al padre, però, Iannello avrebbe trovato la morte. I testimoni hanno raccontato di aver sentito il rumore di un clacson fisso e di avere visto la macchina andare a zig zag. Poco dopo, il cassiere sarebbe uscito dall’auto esanime, con 14 lesioni da taglio, e si sarebbe accasciato sul marciapiede in una pozza di sangue. Finetti, invece, si sarebbe allontanata. Era stata trovata dai carabinieri a circa un chilometro dalla Marbella, con una ferita alla mano e gli abiti sporchi di sangue.
L’accusa – La pm ha chiesto l’ergastolo davanti alla Corte di Assise di Milano l’8 maggio, dopo che una perizia psichiatrica ha stabilito che la 51enne era capace di intendere e di volere al momento del fatto. Secondo la procura, a causare l’omicidio sarebbe stata una relazione intrapresa dall’uomo con un’altra donna. Oltre alle ragioni affettive, ci sarebbe stato il timore, da parte dell’imputata, che la presunta amante del marito sperperasse i soldi comuni. Pochi giorni prima dell’uccisione, Finetti avrebbe detto frasi come «gliela faccio pagare, mi vendico, gli cavo gli occhi». Secondo la ricostruzione dell’accusa, la gestione finanziaria dei beni comuni era prevalentemente nelle mani di Finetti, che fino alla mattina dell’omicidio avrebbe dato l’ok al trasferimento di una parte del denaro comune, perché aveva preso coscienza dell’allontanamento di Iannello. Per Gentilini, l’omicidio sarebbe avvenuto in un minuto, con un’arma portata in macchina dalla stessa imputata, che l’avrebbe tenuta in borsa e avvolta in una pashmina. Anche su queste basi, la pm ha chiesto una pena all’ergastolo per omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione.
La difesa – «Non ho fatto nulla, ero sotto choc, non ricordo» ha dichiarato in passato la donna. In aula, la difesa ha provato a rafforzare questo punto, sostenendo tramite i suoi consulenti tecnici che Finetti non fosse capace di intendere e di volere al momento del fatto e che soffrisse davvero di amnesie. L’imputata inoltre ha sempre sostenuto di avere agito per salvarsi la vita, «perché lui era furioso per questione di soldi». I difensori, Luca Spizzico e Matilde Scansalone, hanno ricostruito in aula alcune delle possibili versioni a favore di una legittima difesa. La cartomante cioè sarebbe stata attaccata per prima da Iannello, che aveva perso il controllo dopo avere scoperto che la moglie aveva ritirato una ingente somma di denaro dai conti condivisi. A quel punto si sarebbe difesa con 14 coltellate e si sarebbe poi allontanata, lasciando il marito in una pozza di sangue. L’accusa però non reputa credibile l’ipotesi di legittima difesa. La sentenza è fissata per il 23 maggio.