Era il primo dicembre 1991 quando, nel corso del convegno nazionale per la lotta contro l’Aids, Fernando Aiuti si alzò dal suo posto in platea, andò sul palco e baciò sulle labbra una ragazza che aveva contratto il virus HIV. Il bacio di un medico, di un immunologo per di più, a una persona che in quel momento era considerata alla stregua di un’appestata, fece più di mille campagne pubblicitarie per sconfiggere la paura di contrarre, con un semplice contatto fisico, la temutissima sindrome da immunodeficienza acquisita che mieteva vitime in tutto il mondo.

La morte – Di lui dicono che fosse un visionario, combattivo, servo di nessuno. Quello che tutti sanno è che fosse un pioniere. Il profilo di Fernando Aiuti è forse tra i più conosciuti nel nostro paese: un immunologo la cui immagine è diventata un’icona della battaglia contro l’Aids e i pregiudizi e le paure nei confronti dei sieropositivi. Dopo la sua morte, avvenuta mercoledì 8 gennaio all’ospedale Gemelli di Roma dove era ricoverato per una cardiopatia ischemica, c’è il dubbio che, arrivato a 83 anni, possa essersi tolto la vita buttandosi dal quarto piano della struttura, precipitando per 10 metri attraverso la tromba delle scale. Sull’ accaduto sta indagando la procura.

Il bacio – La fotografia in bianco e nero che immortala il bacio tra il medico e l’attivista sieropositiva Rosaria Iardino, allora venticinquenne, ha fatto il giro del mondo, ma il messaggio che trasmette è tanto forte oggi, quanto lo fu 28 anni fa.  «Avevamo deciso di darci quel bacio la sera prima – racconta Rosaria Iardino, oggi moglie e fondatrice di “The Bridge”, fondazione che si occupa di medicina e farmacologia – perché eravamo ormai molto scoraggiati, sembrava che non servissero più né le parole né gli articoli scientifici». L’uscita dell’ennesima notizia sul pericolo del contagio, anche attraverso il bacio, aveva scatenato prima lo sconforto, poi la reazione. «Con Fernando ci guardammo e ci dicemmo: l’unica cosa che potrebbe convincere le persone è vederlo davvero, un bacio – ha spiegato in un’intervista al quotidiano la Repubblica – Scherzavamo, all’inizio. Ma poi ci siamo resi conto che poteva essere una buona idea. Credo sia stato un gesto rivoluzionario, una sorta di sfida e richiamo alla battaglia. Un grido per attirare l’attenzione sui pazienti e sui loro diritti».

Le Battaglie – Nato nel 1935, originario di Urbino, Aiuti si laureò alla Sapienza nel 1961. A questa sono seguiti gli anni in corsia, con il primariato al reparto di immunologia dell’ospedale Umberto I di Roma, la ricerca, con oltre 600 pubblicazioni, e il titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica. Nel corso della sua vita, la lotta è stata una costante: con la fondazione di AnlAids nel 2008, associazione nazionale per la lotta contro l’Aids, ha portato avanti la sua campagna per la prevenzione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Dal bacio, alla chiamata al governo di sdoganare l’uso del profilattico a scopo preventivo, la chiamata a medici e odontoiatri a non farsi portatori dello stigma contro i malati di Aids. I decessi per HIV dagli anni ’80 a oggi sono stati più di 30 milioni. Oggi le cure ci sono, ma, come Aiuti ha sostenuto fino alla fine: «La malattia non è vinta, sono solo scomparse le campagne di prevenzione». Dal mondo istituzionale e dai collaboratori sono arrivati i messaggi di cordoglio, ma il comune denominatore è sempre uno: “abbiamo perso un faro”.