Sembra di vederli e sentirli, cinquant’anni dopo, a parlare di lei. Tutti i grandi della terra conoscevano Marella Agnelli, principessa Caracciolo di Castagneto, le erano amici e ne parlavano bene. Truman Capote andrebbe fiero del soprannome che le aveva dato – “The Swan” (il cigno) – per quel collo lungo ma non lunghissimo (la prospettiva inganna). Jacqueline Kennedy ricorderebbe quell’estate del 1962 passata insieme tra i promontori scoscesi della costiera amalfitana. Andy Warhol porterebbe il suo ritratto con fondo rosa mentre l’ex editrice del Washington Post, Katherine Graham, ripeterebbe una famosa frase uscita proprio sul suo giornale: «Se Marella fosse sulla vetrina di Tiffany, sarebbe in assoluto la più costosa». Marella Caracciolo, vedova dell’avvocato Gianni Agnelli, era così: rimaneva sempre nell’ombra ma nonostante questo era sempre riuscita ad accedere ai salotti più importanti del mondo. Da New York a Marrakech, da Parigi alla sua Torino, la sua eleganza unita a un’intangibile regalità sabauda affascinava capi di Stato, grandi stilisti, manager e politici di ogni risma. Sabato 23 febbraio se n’è andata: Marella è morta a 91 anni nella storica villa Frescot di Torino e sarà sepolta nella cappella di famiglia, accanto al marito Gianni e al figlio Edoardo. Lunedì a Villa Perosa si sono tenuti i funerali in forma privata.

Una donna di mondo – Marella, iglia del diplomatico Filippo Caracciolo e della nobile americana Margaret Clarke, nasce a Firenze nel 1927. Ma di toscano non ha mai avuto nulla. Non lo sberleffo urlato, non la “gorgia” fiorentina, né il campanilismo fine a se stesso che spesso si tramuta in provincialismo esasperato. Donna di mondo, sempre. Sopra le righe, mai. In Toscana aveva passato solo i primi anni di vita, nella villa “I Cancelli” poco sopra Careggi (Firenze), le cui immagini la donna porterà sempre con sé e che ispireranno tutti gli arredamenti delle sue ville future. Ma la vita spensierata tra le campagne toscane non faceva per lei: nel 1945 conosce Gianni Agnelli, forse a Roma, forse a Forte dei Marmi in Versilia, e tutto quel mondo tanto mitizzato quanto misterioso della famiglia più potente d’Italia. Nel 1953 i due si sposano e dopo i diplomi in Svizzera e l’Accademia di Belle Arti a Parigi, Marella Agnelli decolla per New York dove lavorerà prima come assistente fotografa alla corte di Erwin Blumenfeld e poi come designer di alta moda, mestiere che nel 1977 gli porterà il premio “Product Design Award of the Resources Council Inc”. Ed è proprio nella mondanità della Grande Mela che conosce e frequenta i personaggi più influenti del mondo: dai Kennedy a Capote, passando per il fotografo Richard Avedon e lo stilista Valentino, fino al più potente Segretario di Stato americano di tutti i tempi, Henry Kissinger.

Sempre un passo indietro – Molti, ça va sans dire, non la ricordano per la sua passione per il giardinaggio, l’arte o il design per interni: ancora oggi Marella viene ricordata solo come la first lady dell’uomo più potente d’Italia. E non deve essere stato facile il suo rapporto con l’avvocato. Il chiacchiericcio sulle sue scappatelle, sulla sua guida spericolata, sull’eterno narcisismo di un uomo cui tutta l’Italia si inginocchiava. E lei, sempre lì, nel backstage, a «servire». Di sé, con un filo di autocommiserazione, diceva: «Occorre saper essere il servitore di qualcosa di più alto o si diventa schiavi di tutto ciò che c’é di più basso…». E l’istrionico Gianni non le aveva mai risparmiato stilettate al vetriolo: «Ci s’innamora a vent’anni – disse una volta – dopo s’innamorano solo le cameriere». Ma, nonostante questo, in Casa Agnelli, intorno a Marella regnava un alone di regalità: è con lei che fu introdotta quell’usanza – poi diventato vezzo trasferito goffamente ai posteri – di apostrofare la signora di casa «Donna»: per tutti era «Donna Marella». Forse il dramma più grande della sua vita fu proprio quello familiare: fu lei a dover riconoscere il figlio Edoardo, morto suicida dal viadotto sulla Torino-Savona nel 2000. Un dolore immenso e da cui non si è mai più ripresa. E nemmeno il marito, morto anche lui tre anni dopo. Al suo capezzale, è a lei che l’avvocato Agnelli rivolse le sue ultime parole: «Vorrei solo dormire…». «Dormi» rispose Marella, senza scomporsi. Ancora una volta.