«Se quel giorno fosse avvenuto un colpo di stato, la gente avrebbe risposto: “Va bene, però lasciami vedere che succede a Vermicino”». Così Emilio Fede – allora direttore del Tg1 – ricorda quel 10 giugno 1981, quando Alfredino Rampi 40 anni fa cadde in un pozzo nel paese in provincia di Roma. Una vicenda che portò alla prima diretta no-stop della televisione italiana e cambiò il modo di fare giornalismo in Italia.
La vicenda – Alfredo Rampi, per tutti Alfredino, era un bambino romano di 6 anni. Nei primi giorni di giugno del 1981 si trovava in vacanza con la famiglia a Vermicino. La sera del 10 giugno, il padre acconsentì a lasciarlo solo qualche minuto vicino a casa, dove però non tornò. Allertati i soccorsi, il bambino venne localizzato in un pozzo della zona. La situazione apparve immediatamente complicata: Alfredino si trovava a 36 metri di profondità fra pareti strette e anguste. I soccorritori tentarono di scavare un tunnel parallelo, ma la scelta fu abbandonata per via della difficile conformazione del terreno nell’area. Alcuni soccorritori tentarono allora di calarsi nel pozzo: due di loro riuscirono a toccare il bambino, ma non riuscirono a riportarlo in superficie. Nelle prime ore del 13 giugno, il cuore di Alfredino smise di battere.
La diretta – L’incidente di Vermicino catturò immediatamente l’interesse della Rai, che a partire dall’11 giugno iniziò ad accorrere in forze sul posto. Quelli che erano prima aggiornamenti sulla situazione nei vari telegiornali della giornata, si trasformarono presto in una vera e propria diretta no-stop, prima nel suo genere in Italia. L’interesse dell’opinione pubblica era altissimo: per tutta la giornata, migliaia di spettatori chiamarono i centralini della Rai perché volevano sapere di più di Vermicino. E dire che non mancavano gli eventi in quei giorni: era in corso la crisi del governo Forlani, dovuta allo scoppio dello scandalo P2. A contribuire all’interesse di viale Mazzini per la diretta, la presenza del presidente della Repubblica Sandro Pertini, che andò sul posto nel pomeriggio del 12 giugno e vi rimase fino alla mattina successiva, tentando anche di parlare con il bambino.
La “tv del dolore” – Emilio Fede, che mise in piedi la diretta, fu successivamente subissato di critiche. Nel pozzo era infatti stato calato un microfono, dunque i lamenti e i pianti di Alfredino, oltre allo strazio dei genitori, furono trasmessi nelle case degli italiani. Il direttore del Tg1 si difese dicendo che intendeva mostrare la solidarietà degli italiani, non certo spettacolarizzare il dolore: la speranza iniziale era quella di assistere al salvataggio del bambino. Per comprendere questa scelta, va anche tenuto conto della situazione del mercato televisivo dell’epoca. Iniziavano ad emergere le tv private, che però potevano trasmettere solo in differita. La Rai iniziò così a seguire in diretta live i maggiori eventi dell’epoca, come gli attentati al presidente americano Ronald Reagan e a papa Giovanni Paolo II. Ma il caso di Vermicino fu differente. L’agonia di un bambino e l’apprensione delle migliaia di persone che andarono sul posto toccarono i sentimenti più profondi degli italiani. Era la “tv del dolore”, per dirla con le parole del conduttore del Tg1 dell’epoca Piero Badaloni.