L’Italia ha violato i diritti di difesa di Amanda Knox. È quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, con una sentenza emessa il 24 gennaio, ha condannato il nostro Paese a pagare 18mila euro tra danni e spese legali a causa della mancanza di un difensore e di un interprete indipendente durante il suo primo interrogatorio, nel novembre del 2007, per l’omicidio di Meredith Kercher. Il processo si era concluso definitivamente nel 2018 con l’assoluzione della giovane americana e e del suo ex fidanzato Raffaele Sollecito. E’ stato invece condannato in via definitiva per omicidio commesso «in concorso con ignoti» l’ivoriano Rudy Guede, condannato con rito abbreviato. «Spero che sia l’ultima vicenda giudiziaria legata a questa storia»: ha detto l’americana accogliendo quasi in lacrime la decisione della corte di Strasburgo, notizia che ha appreso da Seattle collegata via Skype con Carlo Della Vedova, uno dei suoi legali.

Il ricorso – La richiesta portata davanti ai giudici di Strasburgo riguarda l’interrogatorio del 6 novembre 2007, in cui Amanda Knox ha dichiarato di non avere visto rispettata la garanzia dell’assistenza legale, né quella di un interprete indipendente e professionista. La giovane sostiene inoltre di essere stata schiaffeggiata più volte nel corso di quel primo interrogatorio e di essere stata sottoposta a un’estrema pressione psicologica, anche se sui maltrattamenti i giudici di Strasburgo hanno respinto la richiesta per mancanza di prove. «Sono stata interrogata per 53 ore in 5 giorni, senza un avvocato, in un linguaggio che capivo forse come un bambino di 10 anni» ha detto la giovane. La sentenza, che diventerà definitiva fra tre mesi in mancanza di ricorsi, ha condannato il paese a risarcire 10.400 euro di danni morali cui si aggiungono 8mila euro di spese legali. «È stato il più grande errore della storia giudiziaria italiana degli ultimi 50 anni, considerando anche il clamore mediatico suscitato dalla vicenda», ha detto l’avvocato Della Vedova.

Il delitto di Perugia – Il percorso giudiziario, dalla forte eco mediatica, iniziò il primo novembre del 2007 quando Meredith Kercher, studentessa inglese in erasmus a Perugia, venne ritrovata senza vita nella casa che condivideva con altri studenti. Il processo ha avuto un iter giudiziario particolarmente travagliato, ecco le tappe fondamentali:

4 ottobre 2011, dopo una condanna in primo grado da parte della Corte d’Assise di Perugia come concorrenti nell’omicidio, Amanda Knox e l’italiano Raffaele Sollecito vengono assolti in appello per non avere commesso il fatto. Per l’americana fu invece confermata la condanna a tre anni per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, accusato dall’americana ma estraneo ai fatti.

26 marzo 2013, la Corte di cassazione, accogliendo il ricorso della Procura Generale di Perugia, annulla la sentenza assolutoria d’appello e rinvia gli atti alla Corte d’Assise d’Appello di Firenze, in questo modo si ripete il secondo grado di giudizio da capo.

30 gennaio 2014, i giudici d’appello di Firenze sanciscono nuovamente la colpevolezza degli imputati condannando Amanda Knox a 28 anni e 6 mesi di reclusione e Raffaele Sollecito a 25 anni di carcere.

27 marzo 2015, la Corte di cassazione annulla senza rinvio le condanne ai due giovani, in questo modo li assolve per non aver commesso il fatto e pone fine al processo. Alla base della decisione la mancanza di prove certe e la presenza di numerosi errori nelle indagini. Il giudice rilevò in particolare l’assenza di tracce dei due imputati nella stanza dell’omicidio, affermando però la presenza della Knox in casa al momento del delitto, presenza da lei in seguito negata.