Antonio Catricalà. Foto Ansa

Gli agenti lo hanno ritrovato riverso sul balcone del suo appartamento romano, ai Parioli, col corpo che nascondeva una Smith Wesson calibro 38. Con quella pistola regolarmente detenuta Antonio Catricalà si è suicidato la mattina del 24 febbraio. Allertata dal colpo sull’uscio, la moglie Diana Agosti ha chiamato la polizia prima ancora di salire in casa. Secondo le prime indiscrezioni, Catricalà era sotto osservazione per problemi cardiaci e alla base del gesto potrebbe esserci la depressione insorta a causa delle condizioni di salute precarie.

Catricalà e il potere – «Il vero potere ti strangola con nastri di seta», scriveva Oriana Fallaci per spiegare chi era il Divo. Se siano stati quei “nastri” a spingere Catricalà al gesto estremo all’età di 69 anni lo stabilirà la procura di Roma, che ha aperto un’indagine per istigazione al suicidio come atto dovuto. Certo è che nel corso della sua carriera – fulminea e strepitosa – Catricalà ha saputo tesserli quei fili, tirarli al momento giusto per arrivare da Catanzaro alle sale dei bottoni romane ancora giovanissimo. Dopo la laurea in giurisprudenza alla Sapienza a soli 22 anni, il suo è stato un crescendo continuo. Magistrato, politico, garante, e una fede inscalfibile: quella berlusconiana.

La carriera – Laureato nel ’74, Catricalà muove i primi passi come magistrato amministrativo al Tar. In quota socialista, nel ‘98 trasloca dai banchi del tribunale amministrativo a quelli del ministero della Funzione Pubblica al seguito dell’allora ministro Angelo Piazza. La nomina a segretario generale della Presidenza del Consiglio con il Governo Berlusconi suggella ufficialmente la sua simpatia per il Cavaliere, tenuta a bada ma nemmeno troppo durante i due anni nell’esecutivo D’Alema. È Silvio Berlusconi a lanciarlo come presidente dell’Antitrust, carica che ricoprirà dal 2005 al 2011. In quegli anni il Cavaliere ha bisogno di un uomo di fiducia, Tesauro, presidente uscente dell’Autorità lascia sul tavolo una relazione scottante per Fininvest, in cui denuncia la posizione dominante di Mediaset nel settore delle telecomunicazioni. Catricalà la lascerà nel cassetto per anni in nome del libero mercato. Dal ruolo di garante, il fedelissimo del Cavaliere torna in politica come sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Governo Monti, «Mi applaudivano di più quando venivo qui come presidente dell’Antitrust», dirà a Ballarò intervistato da Giovanni Floris. Resiste alle elezioni del 2013, quelle che sanciscono la fine del bipolarismo in Italia con l’ingresso in parlamento dei 5 stelle, e nel neonato governo Letta è nominato viceministro dello Sviluppo economico con delega alle comunicazioni.

La frenata – La battuta d’arresto arriva nel 2014 con l’insediamento di Renzi a Palazzo Chigi. Insieme a Letta, Catricalà lascia il Governo e nello stesso anno fallisce la sua candidatura alla Corte Costituzionale caldeggiata dai forzisti. Ne segue una decisione a dir poco unica nel panorama italiano: il consigliere di Stato abbandona la magistratura prima del pensionamento per dedicarsi all’assistenza legale di clienti prestigiosi come la banca d’investimento Morgan Stanley. Dalle retrovie, il suo nome era circolato a inizio febbraio come papabile sottosegretario alla presidenza del Consiglio Draghi, ma solo una settimana fa era stato nominato presidente del Consiglio direttivo dell’Istituto grandi infrastrutture (Igi).