Si faceva chiamare Rambo. È accusato di tratta di esseri umani, omicidio aggravato, sequestro di persona e violenza sessuale. John Ogais, nigeriano di 25 anni, è stato arrestato il 20 giugno dalla Squadra Mobile di Agrigento perché sospettato di far parte di un’organizzazione criminale che gestisce la tratta di migranti tra la Libia e la Sicilia. L’uomo è stato fermato mentre si trovava all’interno del Cara “Sant’Anna” di Isola Capo Rizzuto. Le indagini sono state svolte dalla Squadra Mobile di Agrigento in collaborazione con quella di Crotone e dallo Sco (Servizio centrale operativo) della Polizia di Roma, e coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal pm della Dda Gery Ferrara e dalla pm Giorgia Spiri.

Le accuse – Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ansa, Ogais sarebbe responsabile di torture e sevizie condotte nella prigione di “Alì il Libico”, altro componente dell’associazione criminale. L’uomo sarebbe anche un complice di Sam Eric Ackom, ghanese, arrestato dalla Squadra Mobile di Agrigento il 18 marzo 2017 perché accusato di aver torturato e violentato i migranti rinchiusi nella “safe house” libica, prima che partissero verso le coste italiane. John Ogais, secondo gli inquirenti, sarebbe responsabile, oltre che di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, di diverse violenze sessuali e di omicidio aggravato. Ad accusare direttamente il nigeriano sono stati alcuni testimoni, giunti recentemente a Lampedusa.

Le testimonianze – «Durante la mia permanenza all’interno di quel ‘ghetto’ da dove era impossibile uscire ho sentito che l’uomo che si faceva chiamare Rambo ha ucciso un migrante. So che mio cugino e altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati poi sottoposti». Così racconta una delle vittime di Ogais all’Ansa: «Vi era un tale Rambo della Nigeria – conferma un altro dei testimoni delle violenze che ha aiutato gli inquirenti a identificare l’africano fermato – che anche se non mi ha picchiato seviziava altri migranti. Le torture cui sono stato sottoposto sono innumerevoli. Sono stato torturato con i cavetti elettrici in tensione. Mi facevano mettere i piedi per terra dove precedentemente avevano versato dell’acqua. Poi azionavano la corrente elettrica per fare scaricare la tensione addosso a me. Subivo delle scariche elettriche violentissime. Questo avveniva circa due volte alla settimana. Alcune volte mi picchiavano, in varie parti del corpo, con dei tubi. Alcune volte mi legavano le braccia e poi mi appendevano in aria, per picchiarmi violentemente. Una volta ho avuto modo di vedere che Rambo ha ucciso, dopo averlo imbavagliato e torturato a lungo, un migrante suo connazionale che si trovava lì con noi». Un terzo testimone conferma: «Ho assistito personalmente al pestaggio sino alla morte di due persone, un nigeriano minorenne e un altro uomo, anch’esso nigeriano ucciso da Rambo davanti al fratello. Nello stesso momento dell’omicidio, Rambo minacciava armato di pistola, il fratello della vittima, di non raccontare nulla alla famiglia e di farsi mandare immediatamente i soldi».