Con l’arresto di Messina Denaro si chiude in parte un capitolo della storia della mafia fatto da una parte di stragi e omicidi (tra cui anche quello del generale Carlo Alberto dalla Chiesa) e dall’altra di latitanti. «È difficile che un capo di Cosa nostra parli», sono queste le prime parole di Nando dalla Chiesa, figlio del generale e tra i massimi esperti di mafia in Italia: parole rivolte a chi si aspetta delle verità dopo anni di mancate risposte.
Matteo Messina Denaro era il capo dei capi di Cosa Nostra oppure il suo ruolo, pur di primo piano, va ridimensionato?
Io non ho mai creduto che Matteo Messina Denaro fosse il capo di Cosa nostra. È stato il capo di Cosa nostra trapanese, ben collegato con i corleonesi. Ha avuto senz’altro un ruolo importante nel periodo delle stragi, appoggiando la strategia di Riina dell’attacco frontale allo Stato, ma dubito che abbia mai avuto il comando di Cosa nostra
Messina Denaro è considerato il depositario di verità indicibili del periodo stragista. Crede che il suo arresto porterà a galla quei silenzi e quelle omissioni che ancora avvolgono nel mistero il biennio 1992/1993?
È difficile che un capo di Cosa nostra parli. Un conto è stata l’ondata successiva alle stragi del 1992 che è stata una cosa assolutamente anomala. A meno che non ci siano ragioni personali che lo portino a parlare, mi sembra difficile che si metta a raccontare le sue verità. D’altra parte, nemmeno Buscetta ha raccontato tutto
La latitanza trentennale rimane una pagina grigia della nostra storia recente. In tutti questi anni, che idea si è fatto sulla sua lunghissima mancata cattura? Chi aveva interesse affinché Matteo Messina Denaro rimanesse fuori dal carcere?
Che ci siano dei sistemi di protezione è vero. Però questa mattina abbiamo visto dei giovani a Palermo applaudire il suo arresto senza voltare la testa davanti alle telecamere. La reazione istintiva di giovani non convocati da nessuno è molto importante. Però le complicità ci sono, con molta probabilità anche da parte di pezzi dello Stato. Lo hanno protetto. La provincia trapanese è una delle più chiuse sotto questo aspetto. E poi si ripropone questo problema su cui la nostra università sta da tempo insistendo, cioè quello dei rapporti tra mafia e sanità. Con l’arresto di Matteo Messina Denaro nella clinica Maddalena di Palermo questo legame viene fuori ancora una volta