«Non mi sono mai illuso sul finale di questo processo. Ancora non riesco a crederci. I giudici hanno capito il mio inferno». Sono queste le parole di Alex Pompa a seguito dell’assoluzione dall’accusa di omicidio volontario. Ieri, mercoledì 24 novembre, è stata pronunciata la sentenza della Corte d’Assise di Torino che ha concesso la libertà al ragazzo di Collegno che il 30 aprile 2020 uccise a coltellate il padre violento: «Ha agito per legittima difesa, il fatto non costituisce reato». Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 14 anni di carcere.

L’accusa – Per il pubblico ministero Alessandro Aghemo si trattò di omicidio volontario. A seguito dei fatti del 30 aprile aveva chiesto una condanna a 14 anni, pena che teneva conto di un’unica attenuante: la perizia psichiatrica che indicava l’imputato seminfermo di mente per un disturbo post traumatico da stress dovuto proprio alla complicata situazione familiare. Il Pm, inoltre, aveva sottolineato che la vittima «era una persona problematica e ossessionata dalla gelosia, un uomo che aveva bisogno di cure. Ma non era una persona che meritava di morire. E quella sera non c’era una minaccia reale. Alex ha ucciso rappresentandosi una minaccia insussistente».

La difesa – Per l’avvocato difensore di Alex Pompa, Claudio Strata, si trattò invece di legittima difesa. E le 250 registrazioni choc portate in aula, insieme alle oltre 9 ore di audio di urla, minacce, insulti e aggressioni tra marito e moglie, sono state decisive per ricostruire l’inferno di casa Pompa e decretare l’innocenza del ragazzo. «Vi rendete conto che cosa ha vissuto Alex? Non poteva studiare, non poteva dormire, non poteva vivere. Ogni sera, come lui stesso ha raccontato, si coricava solo dopo aver abbracciato a lungo sua madre temendo di risvegliarsi e non trovarla più viva. Il ragazzo ha detto molto chiaramente che avrebbe preferito morire lui piuttosto che il padre. Ma quello che è accaduto non è colpa sua, non è possibile muovergli alcun rimprovero. Prendetevela con chiunque, ma non con Alex. Non ha colpa neanche di quanto accaduto negli anni precedenti».

La ricostruzione – Il giorno dell’omicidio Giuseppe Pompa, spiando la moglie Maria Cutoria al lavoro, notò che un collega le aveva appoggiato una mano sulla spalla. Un gesto apparentemente innocuo, che però fece infuriare l’uomo. Seguirono 101 telefonate e poi, non appena la donna rientrò in casa, l’ennesima aggressione. Alle 22 e 29 Loris, fratello di Alex, mandò un messaggio allo zio paterno chiedendogli di intervenire. Il grido d’aiuto rimase inascoltato e così Alex, preso dalla disperazione, colpì il padre utilizzando 6 coltelli da cucina.