I casi di volatili colpiti dal virus dell’aviaria è in aumento, ma il rischio di una nuova pandemia globale è molto basso. Questa è l’opinione del Direttore del reparto di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma Roberto Cauda. Il Professore è stato intervistato da La Sestina per capire quanto è grave questo aumento di casi di H5N1 e se è possibile che il virus muti e diventi infettivo per gli esseri umani.

Si è ricominciato a parlare di aviaria. L’allarme è partito dalla Spagna lo scorso ottobre, con il primo caso di uccello morto a causa dell’H5N1. Adesso, Argentina e Uruguay hanno dichiarato l’emergenza sanitaria. Anche in Italia sembra arrivato questo problema con la moria di gabbiani sul lago di Garda, di cui uno è stato accertato positivo al virus. Perché è riesploso adesso nel mondo questo problema?
Ricordiamoci che non è una malattia nuova. La prima segnalazione è del maggio 1997 ad Hong Kong, dove sono stati abbattuti molti volatili d’allevamento nei quali era stato riscontrato il virus. Nel Sud-est asiatico si parla di endemia perché l’aviaria ha delle ricorrenze periodiche. Anche in Egitto sono presenti dei casi endemici. Il massimo dell’attenzione si è avuto nel 2005, quando ci sono stati una serie di casi nell’uomo con una letalità molto elevata (50%). L’interesse per questa malattia è altalenante e adesso è riesploso. Epidemie di questo tipo ci sono state nel corso di questi decenni. Secondo me ora c’è una sensibilità maggiore dovuta al periodo pandemico appena passato.

Sono state segnalate le prime trasmissioni tra uccelli e mammiferi. Il virus può essere trasmesso anche all’uomo?
Gli uccelli sono osservatori dei virus influenzali: lo sono stati per la spagnola e anche per l’asiatica. Ma loro possono trasmettere il virus all’uomo solo in modo saltuario mediante il contatto con escrementi o con l’animale morto. Infatti, l’ASL della zona del lago di Garda ha detto di non toccare i volatili. Il motivo dell’allerta è che ci potrebbe essere un mixing genetico con un virus dei mammiferi che potenzialmente potrebbe portare al salto di specie, il cosiddetto Spillover, e infettare l’uomo. Tutto questo è una possibilità che non è detto che si verifichi. Finora non è mai successo.
Aggiungo che non bisogna andare in panico, come è successo nel 2005: situazione che ha portato anche a problemi economici. Tutto ciò che è cotto non presenta rischi perché il virus muore.

È mai successo che ci fosse una trasmissione da uomo a uomo?
Finora tutti i casi avvenuti nell’uomo era dei “Dead end”: l’uomo si infettava e finiva lì. L’aviaria non veniva trasmessa. Al momento dai dati di cui disponiamo vediamo che non si tratta di un virus che si trasmette tra uomo a uomo. C’è stato solo un caso di passaggio intra familiare nel 2005. Però è l’unico registrato. Quando abbiamo una situazione come questa, l’attenzione deve crescere anche perché veniamo da tre anni drammatici di pandemia. Le malattie infettive fanno paura alle persone. Non dobbiamo però applicare a questa situazione i parametri della Covid-19: l’aviaria è un virus totalmente diverso, con una capacità mutazionale minore.

Questo virus è uguale a quello del 2005? Esistono delle cure per l’essere umano?
Si, questo è lo stesso, l’H5N1. Dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono già stoccati farmaci anti influenzali utili, ad esempio l’Oseltamivir, che comunemente non vengono utilizzati se non nelle forme influenzali gravi. Ci sono anche i vaccini contro l’H5N1. Quindi non partiamo da zero nel caso di una eventuale pandemia.

Quanto è alto il rischio che il virus dell’aviaria possa causare una pandemia globale?
In questo momento, vedendo anche quello avvenuto nel passato, il rischio è molto basso. Il problema è che il virus è molto imprevedibile. Però se si hanno alcune misure di attenzione, tipo l’abbattimento degli animali colpiti dall’aviaria e l’attenzione nella gestione degli allevamenti, il rischio si abbassa.