Alla fine la verità l’avevano nascosta nel cestino dei panni sporchi. Il posto adatto per conti che, di pulito, avevano ben poco. Al centro dell’indagine della Guardia di Finanza di Modena è finita una cooperativa di badanti dai traffici poco legali: 148 lavoratori in nero, di cui otto clandestini, e un’evasione fiscale di oltre due milioni di euro a partire dal 2011.

L’amministratore unico della cooperativa è stato denunciato per impiego di manodopera clandestina, mentre all’azienda è stata presentata una lista di sanzioni pecuniarie che, al netto dei conti, raggiunge i 5 milioni di euro. L’indagine era iniziata grazie ad alcune segnalazioni di sfruttamento dei dipendenti. E, proprio nel cestino per i panni sporchi della cooperativa, i finanzieri hanno trovato la documentazione extracontabile, da cui emergeva un sistema parallelo di gestioni degli stipendi dei dipendenti, che nei registri ufficiali non esistevano nemmeno.

Proprio pochi giorni fa era arrivato un monito dall’Ispettorato del lavoro, che portava l’attenzione sulle agenzie che forniscono servizi di assistenza a domicilio. «È importante che si comprenda il rischio. Intendiamo lanciare un messaggio chiaro: queste strutture alimentano un mondo sommerso di irregolarità», dicono Patrizia Bernardini e Antonella Pignatelli, responsabili della vigilanza ordinaria. L’indagine dell’Ispettorato su due società che operavano nel genovese ha fatto luce su un mondo di profitti alti e stipendi minimi. Le cooperative sfruttavano 53 lavoratori in nero (44 dei quali impiegati in una sola ditta), i contratti erano applicati in maniera fantasiosa ed errata, i contributi evasi per 130 mila euro.

Le agenzie lucrano sia sui lavoratori che su chi cerca una badante. Spiegano all’Ispettorato del Lavoro: «A essere ingannate sono le famiglie disposte a pagare di più per essere esonerate da problematiche reali come la ricerca di un aiuto per un familiare anziano e malato. Si sborsano fino a 3 mila euro. Ingannato è anche il lavoratore stesso che viene pagato dai cinque ai sette euro all’ora a fronte di un costo medio di 14 euro che la ditta richiede. Paradossalmente, chi offre la disponibilità a lavorare deve anche pagare per essere inserito nelle liste da cui la ditta attinge personale».

Susanna Combusti