Il progetto per portare internet veloce nelle case di chi vive nelle aree interne del Paese non è al passo con i tempi promessi. A certificarlo è la Corte dei Conti, che in una sua relazione scrive: «È sensibile il ritardo registrato nella realizzazione delle infrastrutture digitali legate al “Piano Banda Ultralarga-Aree Bianche” per la connettività di circa 8.400.000 abitazioni in Italia». Il Piano su cui si è espressa la magistratura contabile è quello relativo alle zone più lontane dai grandi centri urbani, e quindi con maggiori criticità, definite “a fallimento di mercato” per l’assenza di investimenti privati. Un progetto, quello di ammodernamento e velocizzazione delle connessioni, che è stato avviato dal governo Renzi nel 2015 (l’avanzamento dei lavori si può seguire qui) e che, nonostante i miliardi stanziati dal Pnrr, va più lento del previsto.
L’allarme della Corte dei conti – Il Collegio del controllo concomitante della Corte dei conti, nella sua analisi sullo stato d’avanzamento del “Piano Banda Ultralarga” relativo alle cosiddette Aree Bianche, rileva una «dilatazione dei tempi medi delle fasi procedurali e uno spostamento in avanti della concreta attuazione rispetto alle scadenze originarie». Tradotto: non si stanno rispettando i tempi previsti. Il piano è sotto il controllo del Ministero del Made in Italy (Mimit) ed è finanziato con i fondi europei di sviluppo regionale (Fesr) e rurale (Feasr), oltre che con quello nazionale per lo Sviluppo e la Coesione (Fsc): interessa 7.413 comuni (la stragrande maggioranza delle 7.896 città italiane), con la copertura di circa 6.300.000 unità immobiliari (una casa su quattro) a tecnologia Fiber To The Home (Ftth), 2.100.000 a tecnologia Fixed Wireless Access (FwA) e 29.895 tra sedi della Pubblica amministrazione e aree industriali. A fine 2023, evidenzia la Corte, «risultavano coperte in Ftth circa 3,4 milioni di abitazioni (il 54% del target finale) e 18.616 sedi Pa e aree industriali (il 62%), oltre a 437.000 unità immobiliari in fase di collaudo (7%) e più di 2,2 milioni in fase di lavorazione (36%)». Le Aree Bianche sono quelle meno popolate e su cui come concessionario pubblico sta lavorando Open Fiber (società partecipata da Cdp) che, in assenza di investitori privati, si è aggiudicata i bandi Infratel, cioè della società che fa capo al Ministero dello Sviluppo economico (Mse) e che promuove la realizzazione e l’integrazione delle infrastrutture per la fruizione dei servizi internet a banda ultra larga. La scadenza del Piano era fissata a settembre 2024 ma, come raccomanda la Corte dei conti al Mimit, «andranno definiti i necessari interventi correttivi» e «adottato un nuovo cronoprogramma».
Il Piano del governo Renzi – Bul come Banda ultra larga, lo strumento per azzerare il digital divide in Italia e per avvicinare il nostro Paese ai livelli degli Stati europei più sviluppati. Lanciato dal 2015 dal governo Renzi, la “Strategia italiana per la banda ultra larga” si proponeva di portare entro il 2020 connessioni veloci in tutte le case italiane. Quanto veloci? Almeno 100 Mbit/s per l’85% della popolazione e almeno 30 Mbit/s per il resto delle aree. A quattro anni dalla scadenza originaria, però, il Piano va più lento del previsto. Prima della Corte dei Conti, è l’ultima relazione di Infratel a evidenziare tutti i ritardi del Piano banda ultra larga nel nostro Paese. In generale, al 30 aprile del 2023, quei lavori che dovevano concludersi già nel 2020 sono fermi al 47% del totale, inserendo in questa percentuale anche situazioni in cui manca solamente il collaudo. Il resto è «in lavorazione (2.632.719 unità immobiliari) o addirittura ancora in fase di progettazione definitiva o esecutiva (circa 800mila)». Senza contare i tempi dilatati di un altro piano, quello relativo alla connettività della scuola e dei servizi della Pubblica amministrazione. I ritardi per ora sono costate penali per oltre 50 milioni di euro a Open Fiber da parte di Infratel.
Gli investimenti del Pnrr – 12 miliardi del Pnrr sono dedicati alla transizione digitale. Tra questi, 6,7 sono destinati alle reti ultraveloci, in attuazione degli standard europei, secondo cui tutte le famiglie dell’Ue dovranno beneficiare di una connettività in Bul al Gigabit entro il 2030. Il nostro Paese ha scelto di alzare l’asticella, individuando nel 2026 la data entro cui coprire l’intero territorio nazionale con connettività a 1 Gbps. In base agli ultimi dati, sembra una promessa che non si riuscirà a mantenere. L’accesso alla fibra e alla banda ultra larga, oltre che motore d’inclusione, è un volano per l’economia. Secondo uno studio di The European House – Ambrosetti ed Eolo, se tutte le province italiane avessero la connettività della provincia di Milano, il Pil crescerebbe del 3,5% e la produttività media per lavoratore aumenterebbe di 203 euro all’anno.