Il batterio killer in Veneto fa ancora paura. La Regione guidata da Luca Zaia ha deciso di inviare entro la prossima settimana diecimila lettere ai pazienti che, dal 2010 al 2017, sono stati sottoposti a operazioni cardiochirurgiche negli ospedali di Padova, Vicenza, Treviso e Mestre. Lo scopo è informarli dei sintomi derivanti dal Mycobacterium Chimaera, il batterio che negli scorsi mesi ha infettato 16 persone e provocato sei morti in tutta la regione. L’obiettivo dell’ufficio Prevenzione è quello di capire se i cittadini che negli ultimi otto anni sono stati operati possano essere stati infettati dal micro batterio e, se necessario, fare degli ulteriori controlli.

L’avviso – La decisione di contattare tutti i 10mila pazienti ad alto rischio è stata presa mercoledì 28 novembre durante una riunione coordinata dalla direttrice del gruppo di lavoro per la “Prevenzione e la Gestione delle infezioni”, Francesca Russo, a cui hanno partecipato anche primari, responsabili del centro malattie infettive e direttori medici dei quattro ospedali coinvolti. In base al principio di «massima precauzione» nelle lettere sarà presente una scheda informativa in cui saranno elencati i sintomi del Mycobaterium Chimaera (febbre, affaticamento, perdita di peso e sudorazioni notturne) e anche i numeri di telefono da contattare «per qualsiasi evenienza e per gli eventuali approfondimenti necessari». Il pool coordinato da Russo per ora si è riservato di decidere sulla possibilità di avvertire anche tutti gli altri pazienti che negli ultimi anni sono stati sottoposti a un’operazione chirurgica ma sono considerati a basso rischio dalla letteratura scientifica.

Cos’è il batterio Chimaera – Il Chimaera è un microbatterio diffuso in natura e di solito non pericoloso per la salute umana: in Europa e negli Stati Uniti però si sono verificati alcuni casi invasivi provocati dall’uso dei macchinari che servono per riscaldare/raffreddare il sangue durante gli interventi di sostituzione della valvola cardiaca. La regione Veneto ha deciso di inviare le lettere perché secondo le evidenze scientifiche il batterio può avere un periodo di incubazione molto lungo, tra i 3 mesi e i 6 anni. Una volta infettati, non esiste una terapia specifica per curarsi dal Chimaera e il tasso di mortalità è pari al 50%. Infine, si legge nel comunicato diramato ieri al termine della riunione, «l’infezione dei pazienti può avvenire tramite aerosol proveniente dall’acqua dei dispositivi».

Quanti pazienti ha colpito – Il caso del batterio killer è scoppiato in Italia solo a metà novembre, ma la prima denuncia risale a ben due anni prima, quando il Wall Street Journal aveva dedicato un’inchiesta dettagliata ai 28 casi di pazienti infettati negli Stati Uniti, di cui quattro mortali. Secondo i dati dell’ufficio regionale di prevenzione, solo in Veneto a oggi sono state diagnosticate quattordici infezioni (con sei morti accertati) su un totale di 300.000 operazioni chirurgiche svolte negli ultimi otto anni. Due invece sono state le infezioni rilevate in Emilia Romagna e per questo ieri le due regioni hanno attivato un «monitoraggio microbiologico» relativo alla contaminazione dei dispositivi.