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Costa di Tartus in Siria, luogo del rapimento di Mario Belluomo (foto Flickr)

Il sequestro, poi la richiesta di riscatto. Fin qui segue lo schema classico la vicenda dell’italiano Mario Belluomo e dei due russi V.V. Gorelov e Abdessattar Hassoun, rapiti in Siria nei giorni scorsi. In comune, un lavoro nell’acciaieria Hmisho and Co di Latakia. Ai telefoni dell’industria è arrivata martedì 18 dicembre la richiesta di riscatto per la loro liberazione.

L’ha annunciato il ministero degli Esteri di Mosca, che ha anche confermato le circostanze note del rapimento. I tre sarebbero stati presi dall’auto con cui erano partiti da Homs, terza città della Siria, in direzione di Tartus. Viaggiavano lungo un’autostrada costiera in cui da più di un anno non si registravano episodi di violenza, perché la regione appoggia in larga parte il regime. Nelle vicinanze erano scomparsi giovedì 13 dicembre anche Richard Engel dell’emittente americana Nbc e la sua troupe, liberati illesi cinque giorni dopo.

La ricostruzione è però incompleta. A cominciare dall’identità e dal numero dei rapitori. Poi c’è la questione dei tempi: Mario Belluomo è scomparso da giorni, ma la notizia è stata diffusa dai media e confermata dalla Farnesina solo ieri. Le autorità di Damasco non si sono ancora espresse.

Silenzio anche dai familiari di Belluomo. Il catanese, marito di una farmacista greca e padre di due figli, da giugno lavora come ingegnere elettrotecnico alla Hmisho and Co. A gennaio compirà 64 anni.

Giuliana Gambuzza