(Foto Ansa/Alessandro Di Meo)

Punire le detenute recidive con figli piccoli mandandole in carcere senza se e senza ma, oppure assegnarle a una casa famiglia protetta tranne che in caso di reati di eccezionale rilevanza. È su questo terreno che si stanno scontrando nelle ultime ore le forze politiche in Commissione giustizia alla Camera. A infiammare la discussione è la proposta di legge sulle detenute madri con figli al seguito, che dovrebbe arrivare in aula lunedì 27 marzo. Il provvedimento ora rischia di non passare perché non c’è accordo sul testo definitivo.

La proposta – Approvato a maggio 2022 alla Camera, il testo originale ha come obiettivo quello di evitare che i bambini da zero a sei anni finiscano in strutture detentive con le madri. Bloccato dalla caduta del governo Draghi, il testo ha ripreso l’iter parlamentare con procedura d’urgenza. Dovrebbe vedere la luce entro la primavera, ma rischia di non passare per alcuni emendamenti di FdI ritenuti «inaccettabili» dalle opposizioni. Oggi in Italia vige la legge 62/2011, secondo cui le madri con figli da zero a sei anni hanno diritto ad andare agli arresti domiciliari o in case famiglia protette, salvo casi di «eccezionale rilevanza». La norma vale anche per i padri detenuti, che però finora non hanno mai chiesto l’affido dei figli. Stando alla legge del 2011, solo per i reati più gravi si dovrebbe ricorrere a carceri o Icam (Istituti a cuostodia attenuata per le madri). Tuttavia, le case famiglia protette non sono mai decollate e quasi sempre i bambini finiscono in strutture detentive. La legge interverrebbe in due modi: abolendo la possibilità che i piccoli finiscano nelle sezioni nido delle carceri e potenziando le case famiglia protette. Oggi queste strutture sono private, con la nuova norma sarebbero a carico dello Stato.

 

 

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La posizione Fdi – Gli emendamenti più contestati sono presentati da Carolina Varchi, capogruppo di FdI in Commissione giustizia alla Camera. Varchi chiede che in caso di recidiva le madri – anche quelle che avevano ottenuto di non andare in carcere – siano assegnate di default al carcere senza che a deciderlo sia un magistrato. «Significa peggiorare non solo il provvedimento ma anche la legge attualmente in vigore, che noi volevamo migliorare», dice Alessandro Zan (Pd), che reputa «inaccettabili» gli interventi di FdI. «La destra si assuma la responsabilità di questa legge», dice Debora Serracchiani (Pd), promotrice della legge in Commissione giustizia. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dal ministero della Giustizia e aggiornato al 28 febbraio, sono 24 i bambini reclusi insieme alle mamme nelle carceri italiane. Si trovano per lo più negli Istituti a custodia attenuta per madri (Icam), oltre la metà è di origine straniera. I reati di cui sono accusate le madri sono spesso piccoli furti e rapine, che tendono a commettere ripetutamente. Per questo le modifiche proposte da FdI sono considerate un controsenso sulla proposta di legge, che assegnerebbe al carcere la maggior parte dei bambini.


Le strutture – Tre sono le strutture in cui oggi può trovarsi una detenuta con figli piccoli. Le sezioni nido delle carceri femminili: dovrebbero essere l’ultima spiaggia, ma fino al 2018 erano considerate la norma, con in media 30 bambini al mese. Dal 2018 in poi la situazione è leggermente cambiata, anche per via del Covid, che almeno per i bambini ha accelerato lo svuotamento delle carceri. L’opzione di mezzo sono gli Icam: fanno capo al circuito penitenziario, dovrebbero essere lontani dal carcere di riferimento, ma spesso si trovano in spazi confinanti. Hanno una capienza di 60 posti totali e ne esistono cinque in Italia: a Torino, Milano, Venezia, Lauro e Cagliari. Si tratta di strutture con misure attenuate: gli agenti non sono in divisa, la sorveglianza è quasi tutta affidata alle telecamere, non ci sono celle con sbarre alle porte ma mini appartamenti indipendenti per i nuclei mamma-bambino. I minori qui possono uscire durante il giorno ma devono rientrare entro sera e non possono invitare nessuno. Infine ci sono le case protette, solo due in Italia, a Milano e Roma. Gestite da associazioni di settore, sono la prima scelta secondo la legge del 2011 ma quella stessa legge non prevede oneri per lo Stato. In queste strutture le madri detenute devono rispettare le regole della detenzione domiciliare, ma se informano le autorità possono uscire in ogni momento per le esigenze dei figli. I bambini invece sono praticamente liberi, anche di invitare gli amici per i loro compleanni.