La mattina del 7 giugno Tatiana, 16 mesi, è morta nel seggiolino di un’auto a Castelfranco di Sopra, provincia di Arezzo. È rimasta sei ore sotto il sole, nel parcheggio in cui sua mamma l’aveva lasciata prima di andare al lavoro, convinta di averla già portata all’asilo. Si è trattato di un errore, di una dimenticanza. Secondo le voci di parenti e colleghi, la mamma, Ilaria Nardini, era una donna premurosa, che trascorreva con la figlia ogni momento libero.La sua storia non è isolata. Questi casi in Italia sono pochi ma lasciano traccia nelle cronache. Nel 2011 c’è stato Jacopo, a Perugia, 11 mesi. Nel 2013 Luca, a Piacenza, due anni. Nel 2015 Gioia, a Vicenza, 17 mesi. E l’elenco potrebbe essere ancora più lungo. Qualche minuto di ritardo, una distrazione o una percorso diverso dal solito sono abbastanza per condannare un bambino alla morte e una genitore ad una vita tormentata dai sensi di colpa. Non è possibile tracciare un profilo comune dei padri e delle madri che hanno vissuto questo trauma. Di certo c’è solo che in tutti loro, a un certo punto, il meccanismo della routine quotidiana si è inceppato.
Errore di sistema – Nel 2010 il giornalista del Washington Post Gene Weingarten ha pubblicato un’inchiesta su questo argomento: Fatal distraction: forgetting a child in the backseat of a car is a horryfying mistake. Is it a Crime?. Il suo lavoro, grazie a cui a vinto un premio Pulitzer, si concentra sui processi in cui sono imputati genitori che hanno dimenticato i loro figli in auto. Per spiegare come avvenga questa dinamica ha intervistato David Diamond, un professore di fisiologia molecolare: «La memoria è una macchina e non è perfetta. Il nostro cervello si basa su una struttura sofisticata. Al vertice ci sono la corteccia prefrontale e l’ippocampo, la prima è in grado di analizzare quello che ci succede, il secondo crea e conserva la memoria a breve termine». Non è qua però che bisogna ricercare il meccanismo che porta a dimenticare un figlio in auto, bisogno scendere più in basso. «Ci sono delle strutture più profonde: i gangli della base. Sono strutture che condividiamo con animali meno sviluppati di noi, come le lucertole. È una sorta di pilota automatico. Si attiva quando dobbiamo compiere azioni a cui siamo abituati». Di solito questa struttura funziona bene. Altre volte si blocca. Basta uno stress emotivo, un cambiamento della routine e il cervello salta un passaggio. Il pilota automatico prosegue e il passaggio non viene più recuperato «Come ci dimentica di un telefono, ci si può dimenticare anche di un bambino. Si può correggere l’errore. Basta un suono o un oggetto. Il sistema si riavvia e si ricorda quello che si è dimenticato. Ricordo un caso in cui a un genitore è bastato sentire il suono di una pianola per ricordarsi di aver lasciato suo figlio sul sedile posteriore».
Un seggiolino intelligente – Andrea Albanese ha condiviso la stessa sorte di Ilaria Nardini. Anche lui nel 2013 ha lasciato il suo bambino in auto. Da quel momento è cominciato la sua battaglia per rendere obbligatorio che tutti i seggiolini abbiano un dispositivo acustico in grado di segnalare la presenza di un bambino a bordo. Il meccanismo non è diverso da quello che ricorda ai passeggeri delle auto di allacciare la cintura una volta messo in moto il veicolo. Sulle pagine di la Repubblica ha spiegato come si sta muovendo per portare la sua idea sui banchi del Parlamento. «Ci sono varie proposte di legge che non sono state nemmeno discusse. Io ho aperto un gruppo facebook e una petizione su Change.org rivolta al ministero dei trasporti. Su facebook siamo 11.500 che discutiamo di questo argomento. L’articolo da modificare è il 172 del codice della strada. Vorremo far capire alle istituzioni che è necessario un loro intervento per garantire la sicurezza dei nostri figli, perchè non accada ad altri cioò che è successo a me o alla mamma della provincia di Arezzo». In attesa di una legge alcune aziende hanno già provveduto a creare sistemi per prevenire questo tipo di incidenti. C’è Ricordati di me, un seggiolino che quando il bambino rimane in auto attiva le quattro frecce, apre il finestrino e fa scattare una sirena oppure Remmy, un allarme sonoro che si può acquistare e installare per 60 euro. Ci sono poi anche piccoli consigli da seguire. Sempre Gene Weingarten nel suo articolo aveva inserito un video in cui ne vengono raccolti sei, dal lasciare sempre una borsa accanto al seggiolino fino ad impostare degli avvisi automatici sul cellulare.