Lo ha convinto a fare una gita in montagna con partenza in piena notte, per poi bruciarlo vivo con l’aiuto dell’amante e del figlio avuto dal primo matrimonio. Ma il cellulare della vittima, dimenticato sul luogo del delitto, li ha traditi. Susanna Brescia 43 anni, insieme a Giuseppe Menniti, 41 anni e Francesco Sfara, 22, sono stati accusati della tragica fine di Vincenzo Cordì, trovato carbonizzato il 13 novembre 2019 nelle campagne di San Giovanni di Gerace (Reggio Calabria). Dopo tre mesi di indagini, la svolta nelle indagini per l’omicidio del cameriere di Roccella Jonica è arrivata con il fermo ordinato dalla Procura di Locri per i tre complici con l’accusa di omicidio. Un piano congegnato nei minimi dettagli che, secondo gli investigatori, avrebbe come movente le frequenti liti familiari. Susanna Brescia, hanno appurato le indagini, aveva del resto già tentato l’uxoricidio nel 2016, usando il veleno.
La dinamica – I tre avevano stabilito che Vincenzo Cordì dovesse essere ucciso lontano da casa per evitare che i sospetti ricadessero sulla famiglia. È per questo che la sera del 13 novembre la moglie lo avrebbe convinto a fare una gita in montagna per raccogliere funghi. Una partenza notturna per arrivare nei boschi all’alba, una trappola alla quale Cordì non è riuscito a sfuggire. In località “Scialata”, sui monti della Limina, l’uomo sarebbe stato vittima di un vero e proprio agguato. Dopo aver posteggiato l’auto in una radura ed essere sceso per la camminata, l’uomo sarebbe stato aggredito dall’amante della moglie e dal figlio di lei, che si erano nascosti in attesa dell’arrivo della coppia. Cordì, colpito alla testa, forse con un grosso ramo, è caduto a terra. I tre, quindi, secondo l’accusa l’avrebbero ricaricato in macchina, svenuto ma ancora vivo, e dopo averlo cosparso di benzina gli avrebbero dato fuoco. Insieme ai due complici, Susanna Brescia sarebbe tornata a casa, aspettando il giorno seguente per denunciare la scomparsa del marito.
Le indagini – Secondo la ricostruzione dgli inquirenti i tre complici hanno eseguito il piano senza esitazioni e soprattutto riuscendo a cancellare ogni traccia della loro presenza sul luogo dell’agguato. Un delitto perfetto tranne che per un particolare che non è sfuggito agli investigatori. Nel momento dell’imboscata, Brescia, Minniti e Sfara non si sono accorti che il cellulare della vittima era rimasto fuori dall’abitacolo ed è lì che i carabinieri lo hanno trovato quando è stato rinvenuto il corpo due giorni dopo. Una nota stonata che fin da subito ha reso poco credibile l’ipotesi di suicidio che la donna ha cercato di promuovere fin dal primo momento. Forte stato depressivo, questo è quello che la moglie aveva raccontato del marito senza mai riuscire però a convincere gli investigatori fino in fondo, che hanno quindi subito battuto la pista della vita sentimentale e familiare dell’uomo. Dalle chiare tracce di monossido di carbonio trovate nei polmoni, gli esami scientifici sul corpo di Cordì hanno accertato che l’uomo è stato bruciato ancora vivo.