“A helping hand at the border”, una mano amica alla frontiera: si chiama così il concorso fotografico indetto da Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera cui è affidato il controllo dei confini dello spazio Schengen nell’Unione Europea. A vincere è stata una foto che ritrae la polizia francese aiutare un migrante a guadare un ruscello porgendogli un ramo. Accanto, il primo piano della mano di un altro richiedente asilo, quest’ultima però gonfia e livida a causa delle violenze della stessa polizia di frontiera. Ad abbinare i due scatti è stato il profilo twitter del Border Violence Monitoring Network (Bvmn), la rete di Ong e associazioni che dal 2016 monitora le violazioni dei diritti umani ai confini esterni dell’Ue e si batte per la fine delle violenze a danno dei migranti. Ne vengono fuori due volti dell’Europa, quello ospitale e accogliente che tutti conosciamo e quello nascosto, brutale, violento e corresponsabile delle tragedie che ogni giorno avvengono sui suoi confini di terra e mare.

Sei capi d’accusa – Secondo un’inchiesta del Guardian, durante la pandemia alcuni stati membri Ue hanno utilizzato metodi illegali per allontanare più di 40mila richiedenti asilo, causandone  in maniera indiretta la morte di oltre duemila. Cifre enormi, se si pensa che il totale dei migranti arrivati in Europa lo scorso anno è di 99.475 persone (fonte Organizzazione internazionale per le migrazioni). È per raccontare e documentare questi comportamenti che il Bvmn è stato creato cinque anni fa da un gruppo di Ong, resesi conto della violenza sistematica con cui le forze dell’ordine di alcuni stati Ue, specialmente in Grecia e nei Balcani, attuavano i respingimenti dei richiedenti asilo alle frontiere. Il network ha sviluppato quindi una piattaforma comune per riportare le testimonianze dei migranti e diffondere le prove della condotta illegale delle polizie europee: nei suoi report mensili il Bvmn dimostra con fatti, foto e cartelle cliniche le brutalità che i migranti subiscono tentando di superare i confini dell’Unione. Nell’ultimo report pubblicato (4 maggio 2021), delle 286 testimonianze dirette riportate l’88% ha dichiarato di aver subito o assistito a un uso eccessivo della forza da parte delle autorità statali, spesso sfociato in vere e proprie violazioni dei diritti umani come tortura e abusi sessuali. Per lo studio, la condotta illegale delle forze dell’ordine si manifesta principalmente in sei modalità: violenza eccessiva e spropositata, uso di armi a scariche elettriche, svestizione forzata fino alla completa nudità, minacce con armi da fuoco puntate, trattamenti inumani all’interno di edifici di detenzione e di veicoli della polizia. Tutto in barba allo statuto di Roma del 1998, il trattato internazionale che identifica il reato di tortura come crimine contro l’umanità.

Il racconto dei migranti – Le testimonianze raccolte in questi anni sono migliaia. Tra le più recenti (26 aprile) quella di un 25enne palestinese, arrestato dalla polizia greca insieme alla sorella e altre 12 persone sul fiume Evros, al confine con la Turchia. Il suo gruppo stava percorrendo le foreste adiacenti quando è stato catturato da un gruppo di agenti. «Non abbiamo fatto in tempo a dire che eravamo richiedenti asilo, appena ci hanno raggiunto hanno cominciato a picchiarci con i manganelli così, senza motivo. A me hanno rotto un braccio. Poi ci hanno spogliati e derubati di tutto ciò che avevamo: mia sorella aveva 100 dollari, hanno preso anche quelli. Alla fine siamo stati caricati su delle imbarcazioni e rispediti via fiume sul lato turco del confine: la barca era stipata di persone, un movimento brusco e saremmo finiti in acqua annegando. Chissà che non sia già successo».