«Mi tengono sepolto vivo in una cella perché se esco e parlo crolla il Parlamento». Il Parlamento è ancora in piedi e Raffaele Cutolo quei segreti se li è portati nella tomba. Il superboss, fondatore dell’organizzazione criminale Nuova Camorra Organizzata, è morto il 17 febbraio nel reparto sanitario del carcere di Parma, dove era sottoposto al regime del 41bis. Ma il carcere ‘o Professore – così chiamato per la sua capacità di leggere e scrivere – l’aveva conosciuto già molto giovane. Il primo omicidio nel 1963, a soli 22 anni. La vittima, un ragazzo che aveva fatto apprezzamenti su sua sorella. Dopo la condanna a 24 anni Cutolo non avrebbe conosciuto mai più la libertà, eccetto per una breve parentesi di un anno dopo la sensazionale evasione dall’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa nel 1978. Arrestato di nuovo nel maggio del 1979, nel 1982 venne sottoposto al regime di massima sicurezza per volere dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Dal 1992, con l’introduzione del 41bis, fu relegato al carcere duro. Non è tornato a casa nemmeno dopo la richiesta di trasferimento fatta dal suo avvocato, otto mesi fa, e basata sul rischio di Covid-19. Secondo il Tribunale di Bologna che ne esaminò le carte, Cutolo era ancora un simbolo capace di rafforzare i gruppi ispirati alla Nco. Un esempio della forza di un’associazione mafiosa capace di entrare nei gangli dello Stato italiano.

La Nuova Camorra Organizzata – Nato nel 1941 a Ottaviano, nel Vesuviano, Cutolo usò le sue doti di leader per mettere in piedi un esercito in grado di monopolizzare non solo i traffici illeciti ma anche i rapporti con lo Stato e la pubblica amministrazione. Don Raffaè capì che poteva creare un sistema forte diventando Antistato. Fondata durante la detenzione a Poggio Reale, nei primi anni ’70, la Nuova Camorra Organizzata si basava su una specie di “welfare” criminale. In carcere e fuori, chi sposava il progetto di Cutolo e del suo braccio destro Vincenzo Casillo godeva di protezione e assistenza economica, per sè e per la propria famiglia. Il reclutamento avveniva spesso in prigione, soprattutto di persone prossime alla scarcerazione, ed era suggellato dal battesimo di iniziazione. La Nco entrò presto in contrasto con gli altri clan camorristici, in particolare con la Nuova Famiglia, organizzazione composta dall’unione di alcuni tra i clan più attivi dell’epoca come i Bardellino, i Vollaro e i Giuliano. E i Nuvoletta, direttamente collegati con Cosa Nostra, ai tempi guidata da Totò Riina. La guerra tra le due organizzazioni, da cui la Nco uscì sconfitta, versò il sangue nelle strade della Campania per tutti gli anni Ottanta.

Il caso Cirillo – «La prima trattativa Stato-mafia l’ho fatta io». A Don Raffaè, la celebre canzone di Fabrizio de Andrè che si sarebbe ispirata al boss, piaceva rivendicare questo primato. Cutolo cercò di affermarsi come interlocutore alla pari dello Stato italiano grazie al ruolo svolto nella trattativa per liberare l’assessore regionale della Campania Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate Rosse nel 1981. Cirillo fu liberato e a Cutolo venne fatta la promessa di partecipare alla ricostruzione dell’Irpinia con le sue imprese. Don Raffaè non fece mai i nomi dei servizi segreti deviati e dei politici con i quali ebbe contatti. Nemmeno quando, dopo un’intervista a Repubblica nel 2015, il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, lo invitò a parlare dimostrandosi disposto a trattare. Cutolo era troppo investito dal ruolo che aveva ricoperto: «Per dignità non mi sono mai venduto ai magistrati. Loro se la sono legata al dito e hanno buttato la chiave». Silenzio e nessun pentimento per le vittime di quella guerra interna alla camorra che, tra gli anni Settanta e Ottanta, lasciava centinaia di morti sulle strade. E che lui, tra i primi, aveva voluto intraprendere per ottenere il potere in Campania. «L’ho fatto [il pentimento ndr] davanti a Dio e non davanti agli uomini. Voglio pagare i miei errori con dignità. Andare a gettone come i pentiti solo per avere dei privilegi vorrebbe dire offendere due volte le mie vittime».