Una fuga durata dodici ore. Una macchina modificata per apparire come quella della Polizia, una divisa e un’arma da fuoco. Sedici vittime in totale. Poi la fine, forse per suicidio oppure sotto il fuoco delle forze dell’ordine. Questi i dettagli che arrivano dalla città di Halifax sulla peggiore strage di massa della storia canadese, che fa impallidire quella delle studentesse di ingegneria avvenuta 30 anni fa a Montreal. 

 

 

 

 

 

 

 

La dinamica dell’attacco – Sono ancora da chiarire le ragione che hanno spinto il killer, un dentista canadese di 51 anni di nome Gabriel Wortman, ad architettare la strage. La meccanica degli eventi è ancora più difficile da stabilire alla luce delle notizie diffuse dai media locali,  che prima hanno parlato dell’arresto dell’assassino e poi della sua morte in un’area di servizio vicino ad Halifax, la capitale della Nuova Scozia. Wortman era a bordo di una macchina, una Chevy Tracker color argento, modificata perchè assomigliasse il più possibile alle vetture usate dalle forze dell’ordine. La polizia, una volta individuato l’assassino, aveva diffuso il suo identikit, i dettagli sull’uniforme e sulla vettura e aveva anche lanciato un appello ai cittadini perchè rimanessero in casa. Un lockdown ulteriore quindi, in aggiunta a quello imposto per limitare il diffondersi del contagio da Covid-19.

I residenti, una volta usciti dalle cantine dove gli era stato consigliato di nacondersi prima della cattura dell’assasino, sono rimasti increduli. La piccola cittadina di Portapique, dove è iniziato tutto, non certo abituata a una violenza simile. Neppure il Canada che dal 1989 non registrava atti simili.

«Una persona gentile» – A giudicare dalle prime testimonianze nulla nel comportamento di Wortman lasciava supporre la sua natura di killer. «Un buon vicino, un vicino utile, molto gentile»: questi alcuni degli aggettivi usati da un conoscente di Wortman, Lillian MacCormack, per descrivere il dentista a CTV News. Sui siti dei giornali canadesi non si legge molto altro, se non che qualche anno fa, nella sua clinica di Dartmouth, il killer si era speso per aiutare un malato di cancro a rifarsi i denti. Una persona all’apparenza tranquilla, quindi, e senza precedenti penali.

Heidi Stevenson, veterana delle Forze, ha lasciato due figli e un marito

Le vittime – Le sedici persone uccise non sembrano collegate tra di loro e non sembrano esserci collegamenti neanche tra l’aggressore e la poliziotta, Heidi Stevenson, freddata durante l’attacco. Le prime vittime sono state rinvenute all’interno e all’esterno di un’abitazione dove tutto sembra essere cominciato: nella città rurale di Portapique, a circa 100 chilometri a nord di Halifax. La violenza, via via crescente,  si è spostata poi verso Brookfield, Milford e infine Enfield.

Il precedente –  Il 6 dicembre 1989 il 25enne disoccupato Marc Lepin fece irruzione nell’École Polytechnique di Montréal con un fucile da caccia semiautomatico. Dopo aver urlato slogan anti-femministi, separò gli studenti d’ingegneria maschi dalle femmine e uccise 14 ragazze. Il massacro sconvolse la comunità tanto che il governo canadese aprì un’inchiesta sulla circolazione di armi. Si scoprì che la vendita di armi da fuoco, anche quelle di tipo militare, era sottoposta a pochissime limitazioni tanto che nel Paese ne circolavano circa sei milioni i cui proprietari non erano in alcun modo identificabili. Dopo la strage di Montréal furono emanati provvedimenti che introdussero una serie di restrizioni al possesso e alla vendita di armi da fuoco e, soprattutto, un registro nazionale (Canadian Firearms Registry) dei detentori, sul quale devono essere riportati i dati di tutte le armi in circolazione. A proposito dell’ultima sparatoria Brenda Lucki, il commissario della Royal Canadian Mounted Police, le famose Giubbe Rosse, ha detto: «Credo che ci sia stato una movente iniziale e poi penso che le vittime successive siano state casuali. Non lo sappiamo con certezza e stiamo lavorando per trovare la motivazione … cerchiamo tra i retroscena, la profilazione degli eventi e stiamo facendo molte rilevazioni sulla scena del crimine». La polizia comunque non crede che l’incidente sia in alcun modo legato al terrorismo o a fatti relativi alla quarantena e al Coronavirus.