L’istituto di Kemloops (Foto del National Center for Truth and Reconciliation)

«Una perdita inconcepibile, di cui si parlava ma che non era mai stata documentata». Così il comunicato della comunità indigena canadese Tk’emlups te Secwépemc definisce il ritrovamento dei corpi di 215 dei loro bambini in una fossa comune vicino a un ex-istituto scolastico cattolico. La scoperta, avvenuta giovedì 27 maggio 2021 nella provincia della Columbia Britannica, ha riaperto il dibattito storico e politico sul sistema delle scuole aborigene residenziali, dove figli strappati alle famiglie indigene venivano mandati per essere assimilati alla cultura canadese bioanca dominante.

La vicenda – I corpi dei bambini sono stati individuati grazie ai rilevamenti di un georadar, vicino alla scuola residenziale di Kamloops. L’istituto era stato fondato nel 1870, sotto il controllo della Chiesa cattolica, ed è rimasto attivo fino al 1978. Il Primo ministro canadese Justin Trudeau ha definito il ritrovamento «un ricordo doloroso di un capitolo oscuro e vergognoso della storia del nostro Paese».

Alcuni dei corpi, che devono ancora essere identificati, sono di bambini di soli tre anni. Al momento, come ha dichiarato la leader della comunità Tk’emlups te Secwépemc, Roseanne Casimir, non si conoscono le cause della morte degli studenti. Ma nella documentazione e nelle testimonianze di ex allievi raccolte dalla Commissione per la verità e riconciliazione, che ha prodotto una relazione sul sistema delle scuole residenziali, l’istituto di Kamloops viene descritto come sovraffollato, freddo e antigienico. Come riporta il Guardian, uno degli studenti passato per la scuola negli anni ’20 ha affermato: «Tutti gli studenti indiani avevano addosso l’odore della fame».

Un passato oscuro – Si stima che siano oltre 6.000 i bambini indigeni che dalle scuole residenziali non sono mai ritornati a casa: il Missing Children Project, a oggi, ne ha identificati oltre 4.100. Negli istituti, fondati dallo Stato canadese e gestiti da religiosi e missionari cattolici e anglicani, fra il 1863 e il 1998 sono passati 150.000 bambini, costretti a convertirsi al cristianesimo e ad assimilarsi alla cultura europea dominante. Il report pubblicato nel 2015 dalla Commissione verità e riconciliazione, stabilita nel 2008, descrive gli abusi fisici e sessuali cui spesso erano sottoposti i ragazzi all’interno delle scuole residenziali. Ha inoltre definito il sistema come un genocidio culturale, operato dallo Stato canadese ai danni delle popolazioni delle Prime Nazioni, Inuit e Métis. Dopo la pubblicazione del report, rappresentanti delle comunità indigene hanno chiesto scuse ufficiali alla Chiesa cattolica per il suo ruolo nel sistema di assimilazione. Una richiesta reiterata anche da Justin Trudeau nel 2018. Ma Papa Francesco ha deciso di non esprimersi sulla questione, come invece aveva fatto nel 2015, quando si era scusato per «i peccati gravi» commessi dalla Chiesa contro le popolazioni indigene della Bolivia, e nel 2017, per il ruolo nel genocidio del Rwanda.

Un presente ancora pieno di ombre – Gli abitanti aborigeni del Canada sono oggi oltre un milione e mezzo e vivono soprattutto nelle province occidentali del Paese (Manitoba, Saskatchewan, Alberta, and British Columbia) e in Ontario. Le popolazioni indigene sono ancora oggi vittime di discriminazioni strutturali. Nell’aprile del 2021, alcuni leader etnici hanno presentato una causa collettiva contro il Governo canadese perché diverse comunità non hanno accesso all’acqua potabile. Nel 2018 un gruppo di 60 donne indigene ha denunciato casi di sterilizzazione forzata avvenuti fra il 2000 e il 2010. Le donne aborigene sono il 4,3% della popolazione femminile del Canada, ma rappresentano il 16% delle vittime di femminicidi e l’11% dei casi di sparizioni.