Lasciare al buio i luoghi storici simbolo delle città: 30 minuti di “austerity” per spingere il governo ad agire contro l’impennata dei costi dell’energia. Bologna, Imola, Reggio Emilia, Argenta, Lepore: sono solo alcune delle città emiliane che prenderanno parte alla protesta, in programma per giovedì 10 febbraio. L’idea è partita dal sindaco ventisettenne Edoardo Accorsi (Pd), primo cittadino del comune di Cento, 35mila abitanti, situato sul confine tra Bologna e Ferrara. Una contestazione nata da sinistra, sebbene il caro-bollette sia stato finora uno dei cavalli di battaglia salviniani, a riprova della gravità di una situazione sempre più diffusa. A ispirare Accorsi è stata soprattutto la preoccupazione per i bilanci cittadini, a fronte delle spese impreviste crescenti che oltretutto «rischiano oltretutto di vanificare gli sforzi che noi Comuni stiamo facendo per il Pnrr». Solo a Cento, le bollette rischiano di pesare per 350mila euro su un bilancio di 35milioni. Da qui la decisione di «spegnere la Rocca», il castello trecentesco che cinge il paese.

La rapida diffusione – In poche ore la proposta ha ottenuto l’appoggio di molte altre realtà dell’hinterland emiliano, a partire dall’adesione dei comuni di Argenta e Pieve. Quindi è stata la volta di Bologna, dove il primo cittadino Matteo Lepore, che solo per gli immobili comunali ha in proiezione 15 milioni di carico di bollette nel 2022 e ha deciso di azzerare la Tari per gli impianti sportivi, ha deciso di spegnere il Nettuno e Palazzo Re Enzo. La città di Imola giovedì lascerà al buio il palazzo comunale in piazza Matteotti. A Reggio Emilia, dove è sindaco il responsabile regionale Anci Luca Vecchi, si deve ancora decidere quale monumento o quale piazza oscurare. Mentre il sindaco leghista di Ferrara, Alan Fabbri, non si è ancora pronunciato sulla questione. La protesta ha ottenuto anche l’appoggio della Regione: l’assessore al Bilancio della giunta regionale Paolo Calvano ha definito l’iniziativa un «grido d’allarme degli enti locali» che arriva dopo quello di famiglie e imprese. «I costi energetici sono insostenibili per i Comuni. Così si mette a rischio la sostenibilità dei bilanci, col timore di dover tagliare i servizi». Lo stesso governatore Stefano Bonaccini lo ripete da giorni chiedendo misure immediate del governo: «Dopo la pandemia sanitaria rischiamo quella economica legata ai costi dell’energia. Il caro bollette sta fermando il Paese».

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Le cause della crisi A scatenare i rincari energetici è stata soprattutto la ripresa dell’economia globale dopo la pausa forzata della pandemia e la fine dei lockdown. L’improvvisa ripartenza di produzioni, commerci e spostamenti merci, sommata a tutti gli arretrati, ha provocato l’impennata dei costi dell’energia e delle materie prime. Secondo i dati dell’Autorità di regolazione per energie reti e ambienti (Arera)  l’aumento delle bollette per le famiglie italiane è stato in media del 55% per l’elettricità e 41,8% per il gas. Questo nonostante gli investimenti inseriti dal governo nella legge di Bilancio per contenere il caro-bollette di famiglie e microimprese, pari a quasi quattro miliardi di euro, e la riduzione dell’Iva al 5%. Raddoppiato anche il prezzo della CO2, ovvero la tassa che le aziende pagano per le proprie emissioni di anidride carbonica, e di conseguenza sono aumentati i costi per le imprese, scaricati sul consumatore finale. Nel caso specifico dell’Europa – e di conseguenza dell’Italia – uno dei fattori scatenanti del caro bollette sono state le tensioni internazionali tra Occidente e Russia, che hanno messo a rischio le forniture di gas russo. Secondo i dati più recenti (Eurostat 2019), per far fronte al suo fabbisogno energetico l’Europa importa il 41,1% del suo gas naturale da Mosca.