Le tensioni, le violenze verbali e le contestazioni nei confronti della sindaca Virginia Raggi. La cronaca di questi giorni da Casal Bruciato, quartiere periferico a ovest di Roma, racconta di una “bomba” sociale cavalcata dai militanti di Casa Pound che hanno minacciato una famiglia rom, due coniugi e 12 figli, per essersi insediata in una casa popolare. A questo si sono aggiunte le parole del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che mercoledì 8 maggio a Otto e Mezzo ha preso le distanze dalle «violenze», non risparmiando però l’attacco alla prima cittadina di Roma: «Dove c’è un sindaco della Lega, vale il principio del “prima gli italiani”: la precedenza per l’assegnazione delle case popolari viene data a chi risiede in Italia da più tempo». Come dire: siamo sicuri che la famiglia di Imcor e Semanada Omerovic avesse diritto alla casa popolare? La risposta è sì e si trova nel bando emesso nel 2012 dall’allora sindaco Gianni Alemanno.
Il bando del 2012 – Sette anni fa fu proprio il Campidoglio guidato in quel momento dall’esponente di An – l’edilizia popolare è di competenza comunale – a emettere un bando per l’assegnazione delle case popolari che si inseriva all’interno di un progetto più ampio di sgombero dei campi rom. E proprio per questo un punteggio particolarmente consistente era stato attribuito a «chi si trova in una situazione abitativa disagiata». Il bando del 2012, ancora oggi punto di riferimento per l’assegnazione dell’edilizia popolare, aveva modificato alcuni criteri che risalivano al 2000 (giunta Rutelli): se dodici anni prima il punteggio più alto veniva attribuito seguendo il principio dello “sfratto esecutivo”, con le nuove regole la precedenza era stata attribuita al “grave disagio abitativo”, alla disabilità e alla presenza di minori e anziani. E proprio per questo la prima famiglia a cui era stata assegnata una casa popolare con il nuovo regolamento era stata di origine rom. Poi la giunta Alemanno aveva provato a limitare l’accesso ai nomadi con una circolare allegata al bando che però è stata annullata dalla giunta Marino nel 2015 perché considerata discriminatoria. E che la famiglia Omerovic avesse diritto alla casa popolare di via Sebastiano Satta, lo ha ribadito nelle ultime ore anche la sindaca Raggi: «Questa famiglia ha diritto a quella casa, deve restare lì».
Nuove regole in arrivo – Nonostante le difese pubbliche della prima cittadina, il Comune di Roma sa che esiste un problema sull’edilizia popolare nei quartieri più periferici della città. E quindi il primo effetto delle proteste di Casal Bruciato sarà quello di modificare il bando del 2012 per non far scoppiare altri casi simili in città, visto che i prossimi 15 assegnatari sono tutti di etnia rom: l’idea è quella di aumentare il punteggio per le famiglie meno numerose che sono sempre più indietro nelle graduatorie. Nel frattempo la giunta capitolina andrà avanti sul progetto di chiusura dei campi rom della Barbuta, Monachina e Castel Romano previsto entro il 2021 anche dando un bonus a coloro che li abbandonano per mettersi alla ricerca di una casa. Non solo: all’ordine del giorno c’è anche l’opzione dei rimpatri con contatti già avviati con Moldavia, Kosovo, Bulgaria, Bosnia e Macedonia.