Condannato in appello a nove anni di reclusione. Questa la sentenza del tribunale di Milano per i sei casi di violenza sessuale attribuiti ad Antonio Di Fazio, ex manager del settore farmaceutico.
Nelle ricostruzioni dell’accusa, l’uomo attirava le vittime ottenendo la loro fiducia, poi le drogava con benzodiazepine e le stuprava. Infine le foto scattate ai corpi inerti delle donne, nude e in stato di incoscienza.
Secondo la difesa, però, le immagini trovate nel computer dell’uomo sarebbero state scattate dopo avere avuto dei rapporti consensuali con quelle che vengono definite come le sue “fidanzate”.
Gli avvocati difensori hanno continuato a non essere soddisfatti della diminuzione della pena rispetto alla sentenza di primo grado. «Riteniamo che manchi ancora un bel delta per arrivare alla pena equa che contiamo di avere», ha dichiarato Mauro Carelli, legale di Antonio Di Fazio. «Andiamo avanti per la nostra strada che è la strada giusta e contiamo di arrivare ad una pena più equa», ha poi aggiunto.

La vicenda – Cinque diversi casi di violenza sessuale, fra cui quello ai danni della sua ex moglie, per la quale è stato chiamato a rispondere anche di maltrattamento, lesioni e stalking. In merito a questi capi d’imputazione, è intervenuta la prescrizione. «Non ci resta che ricorrere alla Cedu e fare causa allo Stato, che non ha protetto né la mia assistita né suo figlio per tutti questi anni in cui ha chiesto aiuto alle autorità», ha dichiarato Maria Teresa Zampogna, legale dell’ex moglie di Di Fazio, che si è costituita parte civile. «La giustizia è arrivata troppo in ritardo».
Le violenze sono state denunciate a marzo 2021 da una studentessa ventunenne, che era stata convinta a incontrare Di Fazio con la promessa di uno stage. Poi l’avrebbe drogata e avrebbe approfittato di lei. A consolidare le tesi dell’accusa, le foto che l’uomo avrebbe scattato alla vittima nuda e in stato di incoscienza. Insieme alle foto della ventunenne, sono state ritrovate nel suo computer altre 54 immagini.

Il 23 maggio 2021 è scattato l’arresto per il manager. Da quel momento è cominciato il suo iter giudiziario. Un mese dopo l’arresto, il Gup Anna Magelli aveva chiesto una condanna a quindici anni e sei mesi per il manager, ma nell’udienza di appello che si è tenuta a marzo 2023 il pg Laura Gay è scesa a dodici: inizialmente il caso di violenza sulla studentessa ventunenne era stato trattato singolarmente rispetto agli altri cinque che sono emersi e per questo motivo aveva portato a una pena maggiore.