Per Rodolfo Fiesoli, il “guru” della comunità del Forteto, si aprono le porte del carcere. Nella tarda serata di mercoledì 6 novembre la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del “Profeta” e confermato la condanna a 14 anni e 10 mesi per gli abusi sessuali, anche su minori, e maltrattamenti. Fiesoli, che era stato scarcerato nell’estate del 2018, si era reso irreperibile in attesa della sentenza prima di costituirsi nella notte tra mercoledì e giovedì al carcere di Padova. Non essendo ancora attivo l’ordine di carcerazione, non è però stato accolto dalla struttura veneta e ha dovuto aspettare il provvedimento del procuratore. Nelle prossime ore, con ogni probabilità, sarà riaccompagnato nel carcere di Sollicciano dove ha già scontato otto mesi di pena.
La storia processuale – Martedì la Suprema Corte ha messo la parola fine a una vicenda iniziata alla fine degli anni Settanta con il primo dei cinque processi nei confronti di Fiesoli e a otto anni dal suo arresto. Nel luglio 2016 il “Profeta” di Vicchio (Firenze) era stato condannato in appello a 15 anni e 8 mesi ma la Cassazione il 22 dicembre 2017, pur confermando le responsabilità penali di Fiesoli, aveva rinviato a un processo di appello bis per un ricalcolo della pena complessiva legato a una diversa valutazione del reato più grave. Nell’estate 2018 Fiesoli è stato rimesso in libertà dopo che la Cassazione aveva accolto il ricorso dei difensori. Secondo la Corte non si poteva eseguire una pena poichè doveva celebrarsi un altro processo – il “Forteto bis” – riguardante un singolo caso di presunta violenza sessuale su minore. In questo caso Fiesoli era stato condannato a 8 anni in primo grado e poi assolto perché «il fatto non sussiste» a settembre. Mercoledì la conferma della condanna nel processo principale. Insieme a Fiesoli la Cassazione ha condannato a 6 anni e 4 mesi Daniela Tardani, una delle madri affidatarie del Forteto accusata di violenza sessuale di gruppo insieme al suo fondatore. Il presidente dell’associazione delle vittime Sergio Pietracito, che fuggì dalla comunità dopo 13 anni vissuti nella “setta”, si definisce «soddisfatto» perché «questa sentenza può aiutare a voltare pagina».
«Condotte aberranti» – La comunità di Vicchio fu fondata da Fiesoli nel 1977 con l’obiettivo di istituire un modello di comunità alternativa alla famiglia tradizionale ispirata alle teorie di Don Lorenzo Milani e considerata uno dei luoghi principali di recupero per minori provenienti da famiglie disagiate: oggi però è conosciuta da tutti come luogo di violenze e soprusi su minori. Per ricostruire la storia del Forteto è utile rileggere un estratto delle motivazioni della sentenza di appello confermata ieri in via definitiva con cui i giudici fiorentini avevano condannato Fiesoli. I togati parlano di «condotte aberranti» commesse da almeno 23 persone all’interno della comunità (per molti dei quali prescritte): «La lunga durata del reato commesso, la palese intensità del dolo, la gravità di aver agito con abuso di autorità, la mancanza di gesti di resipiscenza nonché il fatto che simili condotte siano state tenute anche nei confronti di altre vittime, anche se i relativi reati sono stati dichiarati prescritti – scrivono i giudici di appello nelle motivazioni della sentenza – sono parametri che dimostrano una rilevante inclinazione a delinquere e le inchieste hanno dimostrato in modo indiscutibile il carattere aberrante delle teorie e delle condotte che venivano tenute all’interno della comunità di Fiesoli».
Commissione parlamentare – La condanna definitiva di Fiesoli potrebbe accelerare l’insediamento della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul Forteto, votata dalla Camera a fine febbraio senza però aver mai iniziato i lavori. La commissione, fortemente voluta dal centrodestra, cercherà di indagare sulle eventuali responsabilità istituzionali sulla gestione della comunità e sugli affidamenti dei minori. A inizio settembre la giunta regionale della Toscana guidata da Enrico Rossi aveva deciso di non chiedere i danni alla cooperativa “Il Forteto” perché «un’azione di questo tipo la esporrebbe a pesanti difficoltà operative» mentre ha deciso di intentare una causa civile e chiedere un maxirisarcimento di 5 milioni di euro alle 23 persone condannate in primo grado (ma prescritte) o in via definitiva (come Fiesoli) per i maltrattamenti e le violenze sessuali nei confronti dei minori. In caso di vittoria in Tribunale quei soldi saranno impiegati dalla Regione per finanziare progetti di «inclusione sociale e superamento del disagio giovanile».