Avvolta in buste di plastica, la parte inferiore in sacchi gialli, la testa in uno nero completamente ricoperto di nastro fino al collo. «L’ho riconosciuta dal tatuaggio sul braccio sinistro, che era esposto», afferma uno dei carabinieri che hanno recuperato il corpo di Giulia Tramontano. «Proseguiamo velocemente», dice la pm Alessia Menegazzo quando viene proiettata la foto del cadavere della 29enne incinta di 7 mesi uccisa nel maggio scorso con 37 coltellate per la cui morte è imputato Alessandro Impagnatiello. È presente anche lui davanti ai giudici della Corte d’Assise di Milano, è dentro la gabbia e piange, trema e non alza mai la testa. L’ex barista è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, futili motivi e rapporti di convivenza. Alla seconda udienza del processo, sono stati sentiti Pasquale Afeltra, maresciallo della Squadra omicidi di Milano, Antonio Caletti, comandante dei carabinieri della stazione di Senago, comune in cui è avvenuto l’omicidio, e gli uomini della squadra di Senago che hanno ritrovato il corpo.

Le ore prima del ritrovamento – Giulia Tramontano è stata uccisa il 27 maggio 2023 nella sua abitazione, molto probabilmente in salotto, dove c’erano più tracce di sangue. Segni ematici sono stati rinvenuti anche nel bagagliaio dell’auto di Impagnatiello, una T-roc bianca. Le indagini sono cominciate poco dopo, quando domenica 28 maggio Impagnatiello è andato a sporgere denuncia alla stazione dei carabinieri di Senago perché la sua fidanzata era scomparsa. A loro ha detto che era andata via di casa dopo una discussione, perché aveva scoperto che lui aveva una relazione parallela con una collega che lavorava nel bar dell’hotel Armani. Che da casa erano scomparsi la patente, i bancomat, la carta di credito, la tessera della metropolitana, una somma di 400-500 euro e un cellulare, che non sarà mai ritrovato. Per andare a verificare le condizioni dell’abitazione, i carabinieri si sono mossi con l’auto dell’imputato. «Faceva puzza di benzina, l’odore proveniva dal bagagliaio. Lui si è giustificato dicendo che quando andava a fare benzina avevano molte mance con cui riempiva bottiglie che spesso sversava nel bagagliaio». In aula sono state ricostruite le perquisizioni. La casa di Impagnatiello era in ordine. C’era una lavatrice che aveva appena finito il ciclo di lavaggio, dei sacchi gialli appoggiati sugli scaffali di ingresso, forse gli stessi usati per avvolgere il cadavere di Giulia. Quando sono arrivati nell’appartamento, i carabinieri hanno chiesto a Impagnatiello di svuotare lo zaino. Dentro, oltre a indumenti ed effetti personali, c’erano due pastiglie di topicida. In quelle ore gli investigatori non sapevano ancora che, come risulterà dall’autopsia, quella sostanza era stata usata per avvelenare Giulia e Thiago. Insospettiti, i militari hanno chiesto perché avesse con sé del veleno per topi. «Serve per i panteganoni» ha detto Impagnatiello e ha raccontato che lo usava per scacciare i ratti che scorrazzavano in piazza Croce Rossa, quella davanti all’Armani caffè, dove nelle pause dal lavoro andava a consumare cannabinoidi.

I messaggi e gli spostamenti – La stessa sera dell’omicidio, Impagnatiello si è recato a casa della donna con cui aveva una relazione parellela. Questa e Giulia si erano viste nel pomeriggio e avevano avuto un incontro solidale tra due donne ferite e tradite. «Non hai perso nulla», ha scritto Giulia poche ore prima di essere uccisa, «È un pezzo di merda. Adesso perderà tutto pian piano, lo posso giurare su mio figlio. Assisterà al suo fallimento vitale. Sappi che lui nega fino alla morte». L’ultimo dei messaggi scambiati tra le donne è stato scritto a Giulia alle 22.21 del 27 maggio, ma non lo riceverà mai. «Voglio solo sapere che stai bene. Possiamo vederci domani come hai detto, poi aspetterò la tua decisione». Le risposte che ha ricevuto da Tramontano probabilmente scritte da Impagnatiello, però, sono molto diverse dai toni cordiali tenuti nel pomeriggio. Risposte fredde, distanti. Nelle chat fatte vedere in aula dal maresciallo Afeltra si legge che Tramontano ha scritto: «Ti ringrazio, ma facciamo pace e via», «Ho le mie faccende a cui dover badare». All’incontro con l’altra donna, davanti al bar dell’hotel Armani, avrebbe dovuto partecipare anche Impagnatiello, ma poi si era tirato indietro. Impagnatiello e l’altra donna si sono poi visti nella notte del 28 maggio, intorno alle 02:50, quando l’uomo si presenta sotto casa sua, dopo che ha già ucciso Giulia Tramontano.

Il femminicidio – Il corpo viene trovato mercoledì 31 maggio. I sospetti della squadra omicidi di Milano sono caduti quasi immediatamente sull’imputato in seguito all’acquisizione delle telecamere di videosorveglianza che dimostrano discrepanze con le affermazioni di Impagnatiello e i suoi effettivi movimenti. All’interno dell’auto T-Roc utilizzata sia da Tramontano sia da Impagnatiello sono state trovare tracce ematiche (messe in evidenza dal luminol) compatibili con il sangue della giovane donna. Infine, la copia forense del cellulare del reo confesso ha portato alla luce alcune ricerche online terrificanti: «Nei mesi di dicembre 2022, gennaio 2023 e maggio 2023», riferisce Afeltra, maresciallo della omicidi, «Impagnatiello cerca “veleno per topi incinta“, “veleno per topi in gravidanza“, “veleno per topi incinta“, “quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona“». Infatti, in seguito all’autopsia, nel corpo di Giulia Tramontano e in quello del figlio Thiago sono stati trovate tracce di topicida. Un’altra ricerca scoperta dai carabinieri è stata “ceramica bruciata vasca da bagno” (Impagnatiello ha tentato di dare fuoco al cadavere di Tramontano per due volte, prima nella vasca e poi nel box auto). Nelle stesse ore, Giulia stava scendendo dall’auto e si stava dirigendo verso l’ingresso pedonale alle 19.06. Poco dopo, una vicina di casa, tra le 19 e le 19.30 sente delle urla di donna provenire dalla loro abitazione. Nelle prossime ore saranno sentiti proprio i vicini come testimoni.