Non c’è solo la crisi con gli Stati Uniti. La fuga di Artem Uss apre anche un fronte interno, dopo che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha avviato un procedimento disciplinare contro tre giudici della Corte d’appello di Milano. Il Guardasigilli punta il dito contro i magistrati milanesi, accusati di «grave e inescusabile negligenza» per aver concesso gli arresti domiciliari all’uomo d’affari russo, poi fuggito e tornato in Russia, su cui pendeva una richiesta d’estradizione dell’alleato americano per presunti reati finanziari e traffico di tecnologia di tipo militare. Le toghe non ci stanno e contestano la «pericolosa interferenza», mentre Giorgia Meloni ha già incontrato il suo ministro, atteso alle 14 per un’informativa urgente alla Camera dei deputati.

Artem Uss, l'uomo d'affari russo evaso dagli arresti domiciliari a Milano (Ansa)

Artem Uss, l’uomo d’affari russo evaso dagli arresti domiciliari a Milano (Ansa)

Lo scontro con le toghe – «Si tratta di un’invasione di campo inaccettabile e senza precedenti, che apre uno scontro tra poteri costituzionali, mina lo stato di diritto ed evoca quanto accade in Paesi come Polonia e Israele». Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Giuseppe Santalucia non usa mezzi termini e si fa interprete della posizione dei molti giudici (120 in presenza e 70 collegati a distanza) riuniti il 19 aprile nell’Aula magna del Tribunale di Milano, nella più grande assemblea di toghe degli ultimi anni. Il ministro della Giustizia Nordio, dopo aver inviato gli ispettori, ha messo sul banco degli imputati i magistrati milanesi Monica Fagnoni, Micaela Curami e Stefano Caramellino che hanno concesso gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico (poi rivelatosi difettoso) ad Artem Uss, anche contro il parere della Procura generale di Milano. L’inquilino di via Arenula elenca sette circostanze secondo cui il magnate russo non avrebbe dovuto lasciare la cella, considerato «l’elevato e concreto pericolo di fuga» e gli «appoggi internazionali». Ora toccherà al procuratore generale della Cassazione valutare il caso: se dovesse optare per il “non luogo a procedere”, cui il ministro potrebbe comunque opporsi, la palla passerebbe alla sezione disciplinare del Csm. Le toghe, di diversa appartenenza correntizia e di diversa opinione sul caso Uss, continuano a rimanere sul piede di guerra e si dicono pronte a «ogni azione».

Il “caso Nordio” – Il “caso Uss“ si è trasformato in un “caso Nordio”. Mentre a Milano i giudici erano riuniti in assemblea, a Roma la presidente del Consiglio incontrava il Guardasigilli. Obiettivo: dargli una copertura politica, perché difendere il ministro significa difendere il governo, anche se secondo gli osservatori Giorgia Meloni vorrebbe a tutti i costi evitare una nuova stagione di scontri tra l’esecutivo e la magistratura. Oltre a mostrare compattezza nei confronti di una questione che ha indispettito (e non poco) i partner americani, la premier vuole vederci chiaro. Vuole capire se e perché da via Arenula ci siano stati “tempi di reazione” lenti alla decisione dei magistrati. In più, quando l’ambasciata americana si fece sentire in merito domiciliari concessi a Uss, gli stessi uffici del ministero della Giustizia risposero sostenendo l’equivalenza con la detenzione in carcere. Il governo governo decise di non sorvegliare i telefoni che l’uomo d’affari russo continuava a utilizzare dall’abitazione a Basiglio (Milano) in cui era detenuto. Queste e altre questioni, che più in generale investono anche l’operato dei servizi segreti, saranno al centro dell’informativa urgente che Carlo Nordio terrà alla Camera dei deputati alle 14 del 20 aprile.

Il “caso Uss” – La fuga di Artem Uss è già diventato un caso diplomatico, che incrina i rapporti con gli Stati Uniti e che può minare la credibilità italiana di fronte all’alleato atlantico. Il magnate russo arrestato lo scorso 17 ottobre a Malpensa ed evaso dai domiciliari il 22 marzo (ricomparendo a Mosca qualche giorno dopo) non è un personaggio qualsiasi. È il figlio di Aleksander Uss, potente governatore della regione siberiana di Krasnoyarsk, amico personale di Vladimir Putin e uomo di fiducia di Sergej Shoigu, ministro della Difesa della Federazione russa. Il padre del fuggitivo è poi a capo del più grande progetto petrolifero al mondo: Vostok Oil, un colossale sistema di impianti estrattivi nell’Artico.