Triplice fischio. Per Robson da Souza Santos, in arte Robinho, la sentenza questa volta è stata più severa di qualche giornata di squalifica dai campi di gioco. La corte di Cassazione ha confermato la condanna a 9 anni di carcere per l’ex calciatore della nazionale brasiliana, che ha vestito la maglia del Milan tra il 2010 e il 2014. Proprio durante il periodo trascorso all’ombra del Duomo Robinho si è reso protagonista di violenza sessuale di gruppo insieme ad altre cinque persone, ai danni di una 23enne albanese, in una discoteca del centro di Milano. Era il 22 gennaio del 2013. Da allora si sono pronunciati i giudici di primo grado e di appello, che hanno sempre confermato la colpevolezza dell’ex calciatore. Ora la condanna è definitiva: la terza sezione penale della Suprema corte ha rigettato l’istanza dei legali di Robinho e di un suo amico, Ricardo Falco, anche lui condannato. Gli altri quattro imputati risultano irreperibili. La sentenza è immediatamente esecutiva, ma l’ex Seleção (che si è sempre proclamato innocente) potrebbe comunque riuscire a dribblare il carcere: l’Italia dovrebbe riuscire infatti a ottenere una improbabile estradizione dal Brasile, dove Robinho si trova ormai da tempo. «Un epilogo giudiziario gravemente ingiusto», per Franco Moretti, difensore dell’ex calciatore, mentre i legali di parte civile esprimono soddisfazione: «La giustizia ha fatto il suo corso. Il problema adesso diventa politico. Il punto è capire cosa vorrà fare il Brasile: confidiamo che tuteli le vittime e non i colpevoli e che sconti la pena», commenta l’avvocato Jacopo Gnocchi.

«Assoluto disprezzo» – La vicenda avvenne nove anni fa in una discoteca milanese: secondo le indagini Robinho si trovava con la moglie e alcuni amici, quando nel corso della serata avrebbe conosciuto la ragazza, che stava festeggiando il suo compleanno. Riaccompagnata a casa la moglie, l’ex calciatore e gli amici ritornarono nel locale, dove fecero bere la ragazza, allora 23enne, fino a renderla incosciente.  Poi la violentarono a turno nel guardaroba del locale, come emerso da un’intercettazione telefonica tra Robinho e Falco nel 2017. Decisive sono state proprio le telefonate tra i due imputati, in cui l’ex milanista raccontò ridendo la serata dello stupro: «Lei era ubriaca, non sa nemmeno cosa sia successo». Robinho e compagni si erano anche accordati sulle risposte da dare agli inquirenti, dicendosi tranquilli perché nel locale non erano presenti telecamere. A seguito della pubblicazione delle intercettazioni Robinho aveva perso il posto in squadra al Santos, e il ministro della Famiglia e dei Diritti Umani di Brasilia, Damares Alves, si era espresso con parole dure sulla vicenda: «Leggere le trascrizioni di ciò che è avvenuto mi ha provocato nausea e voglia di vomitare». L’ex stella carioca non ha mai negato di avere avuto un rapporto sessuale con la vittima, ma ha sempre sostenuto che lei fosse consenziente.
Nel corso del processo di appello i legali di Robinho hanno prodotto quattro consulenze tecniche, tra cui una con foto tratte dai social, che puntava a dimostrare come la ragazza fosse solita bere alcolici e instabile da un punto di vista psicofisico. Nelle motivazioni della sentenza i giudici scrivevano però che gli imputati avevano manifestato «assoluto disprezzo» nei confronti della vittima, che è stata «brutalmente umiliata», e hanno da subito «cercato di sviare le indagini offrendo una versione dei fatti falsa e previamente concordata».

Il nodo dell’estradizione – La giustizia italiana dovrebbe presentare una richiesta formale di estradizione per Robinho e il suo amico al Brasile, che poi dovrà avviare una valutazione interna. È però improbabile che questa si concretizzi: poiché la Costituzione brasiliana del 1988 vieta l’estradizione dei suoi cittadini. Inoltre, il trattato di cooperazione giudiziaria in materia penale tra Brasile e Italia, firmato nel 1989 e tuttora in vigore, non prevede l’applicazione in territorio brasiliano di una condanna imposta dalla giustizia italiana. Se però l’Italia emettesse un mandato d’arresto internazionale contro l’ex stella del Milan, Robinho non potrà recarsi in nessun luogo che abbia un accordo di estradizione con il nostro Paese. Ragione per la quale negli ultimi anni l’attaccante non ha potuto mettere piede in quasi 70 nazioni del mondo, tra cui Argentina, Australia, Canada, Stati Uniti e Regno Unito, oltre agli Stati membri della Ue.

Gli altri – Robinho, che in carriera ha indossato anche le maglie, tra le altre, di Real Madrid e Manchester City, ha vinto con il Milan ha vinto un campionato e una Supercoppa italiana. Vanta 100 presenze con la nazionale verdeoro, che ha rappresentato ai mondiali del 2006 e del 2010. Non è l’unica stella dello sport a finire condannata o sotto indagine per reati sessuali: il terzino francese dei Citizens Benjamin Mendy è stato recentemente arrestato con l’accusa di quattro stupri, mentre la carriera del capitano della nazionale islandese Gylfi Sigurdsson si è bruscamente interrotta dopo le accuse di pedofilia che lo hanno travolto nell’estate del 2021. Ma il caso più celebre resta quello di Mike Tyson, due volte campione del mondo dei pesi massimi di boxe: “Iron Mike” finì dietro le sbarre per sei anni dopo lo stupro del 1992 ai danni di Desiree Washington.