Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth

Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth condannati in primo grado all’ergastolo. Nella serata di mercoledì 5 maggio la Prima Corte di Assise di Roma ha condannato i due ventenni americani imputati per concorso in omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso con 11 coltellate nel luglio del 2019 mentre era in servizio con un collega nelle strade della capitale. La moglie: «Prima pietra per una giustizia nuova». Ma gli avvocati dei giovani replicano: «Una vergogna, faremo ricorso in appello».

La sentenza – Occhi lucidi e sguardo attonito. Così i due accusati hanno accolto la sentenza del tribunale che li ha condannati respingendo le attenuanti richieste per la giovane età e la circostanza di essere incensurati. Il pronunciamento, arrivato dopo una camera di consiglio durata 12 ore, chiude un iter processuale fatto di oltre 50 udienze, alcune svolte anche durante il lockdown, in cui sono stati ascoltati periti, testimoni e gli stessi imputati. Un percorso giudiziario a tappe forzate in cui è stata sezionata sotto ogni profilo la drammatica notte di due anni fa. I giudici hanno inoltre stabilito quasi un milione di euro a titolo di provvisionale “immediatamente esecutiva” in favore delle parti civili e due mesi di isolamento diurno. Anche il carabiniere Andrea Varriale, ferito dai due statunitensi, ha ottenuto un risarcimento.

Le reazioni – «È stato un lungo e doloroso processo. Questo non mi riporterà Mario, non ci ridarà la nostra vita insieme. Ma oggi è stata messa la prima pietra per una giustizia nuova», ha commentato a caldo direttamente dall’aula bunker del carcerere di Rebibbia la vedova di Cerciello Rega, Rosa Maria Esilio, aggiungendo che «l’integrità di mio marito è stata dimostrata nonostante da morto abbia dovuto subire tante insinuazioni». Dura invece la replica dei difensori dei due americani, che promettono di ricorrere in appello. «Qui c’è un ragazzo di 19 anni che è stato aggredito. Abbiamo assistito al solito tandem procure, con dei giudici che non vogliono vedere quello che emerso durante le indagini e il processo», ha detto Renato Borzone, avvocato di Elder. «Questa sentenza rappresenta una vergogna per l’Italia. Non ho mai visto una cosa così indegna. Faremo appello», ha concluso. Un’intenzione confermata anche dal legale di Hjorth, Fabio Alonzi: «La sentenza non scalfisce la nostra convinzione che Gabriel sia assolutamente innocente».

La vicenda – Il delitto è avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 luglio del 2019, quando Cerciello Rega e il collega Varriale pattugliavano il rinomato quartiere romano Prati. Qui la loro strada si incontra con quella di Elder e Hjorth. I due californiani, all’epoca di 18 e 19 anni, erano arrivati nella capitale da poco dopo aver viaggiato per l’Europa per allontanarsi da un contesto di droga e violenza. Arrivati in piazza Trilussa, a Trastevere, vanno però a caccia di cocaina e si imbattono nel “facilitatore di pusher” Sergio Brugiatelli. L’uomo li accompagna da un spacciatore che per 80 euro dà ai due una pasticca di tachipirina spacciandola per cocaina. In quel momento intervengono altri carabinieri e i due americani si danno alla fuga riuscendo però a rubare la borsa di Brugiatelli: si erano infatti accorti della truffa e volevano ricattarlo. Da qui la decisione di chiamarlo al telefono e dargli appuntamento in via Pietro Cossa, a Prati appunto, per uno scambio: la borsa in cambio dei soldi e della droga, quella vera. È in quel momento che intervengono Cerciello Rega e Varriale, «disarmati e in borghese» preciserà quest’ultimo nella sua deposizione, perché si trovavano sotto copertura. L’apparizione dei due militari scatena una colluttazione: Elder estrae in coltello, ferisce Varriale e sferra undici colpi a Cerciello Rega, che morirà poi in ospedale. Dopo l’aggressione i due americani tornano nella loro stanza all’Hotel Meridien ma vengono arrestati nel giro di poche ore.

L’iter giudiziario – La Procura di Roma aveva chiesto il carcere a vita per i due imputati. Nella requisitoria del 6 marzo scorso, la rappresentante dell’accusa, Maria Sabina Calabrittani, ha affermato che questa vicenda è caratterizzata da fatti «gravi» e «grave è l’ingiustizia che è stata commessa contro un uomo buono, che stava lavorando». Nel corso della requisitoria il magistrato ha ricostruito quanto avvenuto quella notte di luglio di due anni fa, smontando i due tasselli fondamentali della tesi delle difese: che i militari fossero lì per proteggere Brugiatelli in quanto loro fonte; che non si fossero qualificati e avessero aggredito per primi i giovani americani, inducendoli a ritenerli malviventi e quindi a reagire per legittima difesa. Cruciale, in tal senso, la testimonianza di Varriale, che ha confermato come lui e il collega avessero mostrato il tesserino. Respinta anche la tesi dell’avvocato di Hjorth secondo cui il ragazzo non sarebbe stato a conoscenza che l’amico fosse armato: per i giudici della Corte di Assise non lo so sapeva ma ha partecipato attivamente all’omicidio. Così come non hanno trovato accoglimento le perizie, chieste sempre dalla difesa, su una presunta depressione di Elder. Un procedimento separato è stato invece dedicato alla foto ritraente Hjorth ammanettato e bendano in caserma: alcuni carabinieri sono stati condannati per abuso dei mezzi di costrizione. Scontato che tutti questi elementi saranno impugnanti nuovamente in sede di appello.