Un fotogramma dell'arresto di Massimiliano Colagrande, titolare della gioielleria che serviva a riciclare il denaro ricavato dallo spaccio di cocaina.

Un fotogramma dell’arresto di Massimiliano Colagrande (video pubblicato su Repubblica Tv), titolare della gioielleria che serviva a riciclare il denaro ricavato dallo spaccio di cocaina.

Roma. Via Barberini, a due passi dal Quirinale. Qui si trovava un negozio di articoli di lusso, orologi e gioielli. Un esercizio commerciale come tanti, almeno all’apparenza. In realtà, secondo i Ros, un’attività illegale che serviva a ripulire il denaro sporco derivante dal traffico illecito di cocaina.

Anche la camorra faceva affari a Roma. Dopo l’inchiesta di “Mafia capitale”, una nuova indagine mette in luce il potere della malavita nel capoluogo laziale. Nella notte tra il 9 e il 10 febbraio, 61 persone sono state arrestate a Roma e in tutta Italia. Oltre allo spaccio di droga, gli indagati sono accusati a vario titolo di porto abusivo di armi da fuoco, estorsione e reati contro la persona, tutti aggravati dalla modalità mafiosa.

Ai vertici del clan operava Domenico Pagnozzi, già condannato all’ergastolo nel 2009 con le accuse di omicidio e reati di stampo camorristico. Secondo le indagini dei Ros e della Procura di Roma, Pagnozzi riusciva comunque a guidare le attività della cupola, nonostante il regime di 41-bis cui è sottoposto da anni.

Oltre alle varie decine di arresti, i Carabinieri hanno eseguito sequestri di beni mobili e immobili per un valore di circa 10 milioni di euro. Si tratta di sequestri di prevenzione finalizzati alla confisca, realizzati in base a provvedimenti della Procura di Roma, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

Tra gli arrestati, oltre al già citato Pagnozzi, anche Massimiliano Colagrande, uomo vicino agli ambienti della destra radicale romana e già coinvolto nell’inchiesta “Mafia capitale” per reati legati allo spaccio di cocaina. Colagrande, già tirato in ballo dal pentito Grilli per questioni legate al narcotraffico, era il titolare della gioielleria di via Barberini utilizzata per riciclare i proventi illeciti della cocaina. Un sistema che sembrava perfetto, smantellato dall’indagine coordinata dai Ros e dalla Procura della Repubblica di Roma.

Roberto Bordi