Il presidente della Cop 28, Sultan Al Jaber (fonte: Flickr)

DALLA NOSTRA INVIATA
Alla Cop 28 di Dubai è «tempo di compromessi». Come ha detto António Guterres, Segretario generale delle Nazioni unite, nel giorno che precede la chiusura dell’evento Onu sul cambiamento climatico, i Paesi devono avere «la massima flessibilità» per cercare di raggiungere un’intesa, «senza per questo compromettere scienza e ambizione». La ventottesima Conferenza sul clima (Cop 28) si sta svolgendo negli Emirati Arabi Uniti dal 30 novembre. L’accordo finale è atteso per il 12 dicembre, ma le questioni irrisolte sono ancora molte.

I tre pilastri – Negli ultimi anni, i negoziati dedicati al clima lavorano su tre aspetti: la mitigazione, cioè la riduzione delle emissioni di gas serra; l’adattamento, ovvero azioni e risorse per adeguarsi al riscaldamento globale; il Loss and damage, il risarcimento per i danni e le perdite causati dall’emergenza climatica tramire un fondo per gli Stati meno responsabili delle emissioni a carico dei Paesi storicamente inquinatori. Per l’accordo di Dubai, i nodi da sciogliere riguardano mitigazione e adattamento. Il fondo Loss and Damage, invece, è stato reso operativo a sorpresa nella giornata d’apertura, il 30 novembre. Diverse nazioni occidentali, Italia compresa, hanno versato la loro parte: 700 milioni di dollari in totale.

Phase out – Le discussioni sulla mitigazione riguardano il Global stocktake, che è il testo che conterrà, in base al bilancio delle emissioni dei singoli Paesi (stocktake significa appunto bilancio), le misure per cercare di restare nel limite di 1,5 gradi di aumento della temperatura media globale. Per Guterres il successo di questa Cop dipenderà dal «consenso sulla necessità di abbandonare (phase out) i combustibili fossili in linea con la soglia di Parigi». A sostenere questa posizione sono Unione europea, Stati Uniti, i piccoli Paesi insulari e alcune nazioni africane. Guterres ha anche sottolineato che phase out «non significa che tutti gli Stati devono uscire dal sistema basato su carbone, petrolio e gas nello stesso momento». C’è comunque chi si oppone: soprattutto Arabia Saudita, in cima alla classifica delle esportazioni di petrolio, e Iran. Dalle prcedenti bozze di accordo, la soluzione di compromesso potrebbe contenere la parola «unabated», non trattati. Significa che il phase out, l’uscita dalle fonti energetiche fossili, riguarderà solo quei combustibili le cui emissioni non sono compensate da sistemi di cattura della CO2 (Ccs, Carbon capture system). L’ambizione dell’Unione europea sembra essere quella di concedere questa possibilità solo per i settori hard-to-abete, cioè per cui è difficile ridurre le emissioni.

Adattamento – Ancora in sospeso anche il capitolo del Global goal on adaptation (Gga), l’Obiettivo globale per l’adattamento. Si discute della possibilità di raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo entro il 2025. Uno dei delegati delle Barbados ha detto: «Non possono arrivarci solo i soldi del fondo Loss and Damage, quelli servono per coprire i danni degli eventi meteorologici estremi, a noi servono anche le risorse economiche per costruire strutture come gli ospedali e gli impianti di energia rinnovabile». Non solo finanza, però. Nell’adattamento rientrano anche le misure di prevenzione, come i sistemi di allerta precoce. Una delle questioni irrisolte riguarda le tempistiche con cui gli Stati devono centrare gli obiettivi del Gga: 2025, 2027 o 2030, le opzioni da negoziare.