Il Coronavirus rallenta la criminalità ma non la ferma. Con l’emergenza del Coronavirus, dal primo dcpm del 9 marzo, i reati sono crollati oltre l’80 per cento e la criminalità organizzata vive tempi duri, ma si adatta. E lo fa rapidamente, trovando nuove forme per delinquere. Le truffe si spostano online con siti falsi che vendono prodotti sanitari o finte campagne di raccolta fondi a favore dei reparti Covid-19 degli ospedali. Lo spaccio, invece, viaggia su Telegram e consegna a domicilio. E i pusher on demand, in linea con le norme anti contagio, per intercettare i clienti si travestono da riders con tanto di guanti e mascherine, in passeggiatori con cane a seguito o in avventori in fila al supermercato.

Cyber truffe – Le case piene e le uscite ridotte hanno quasi azzerato i furti, mentre la paura del contagio ha reso la vita difficile anche ai truffatori porta a porta. Ma la quarantena di milioni di italiani scorre dietro lo schermo di un pc o di uno smartphone. E la truffa si sposta sulla rete. Girano email con false comunicazioni dell’Oms sul Coronavirus, che sono malware confezionati per controllare da remoto i pc. Se si clicca per avere più informazioni, un hacker si impossessa dei dati degli utenti e chiede un riscatto, preferibilmente da pagare in criptovaluta. Poi dato che le transazioni si appoggiano all’home banking e tutte le pratiche commerciali sfruttano il web, si moltiplicano i siti fasulli che commercializzano mascherine e gel igienizzanti a prezzi maggiorati. Non mancano finte campagne di raccolta fondi a favore dei reparti Covid di terapia intensiva degli ospedali San Camillo e Spallanzani, promosse per spillare soldi sfruttando le onde emotive della rete. Ma c’è anche chi nel quadrante orientale della capitale usa metodi più tradizionali: in una rivendita di ricambi per telefonia mobile di via dell’Omo, i militari delle Fiamme gialle hanno sequestrato più di mille mascherine prive del marchio CE e del confezionamento necessario a preservarne la sterilità.

La corruzione che resiste –  Anche reati come la corruzione non sembrano risentire dell’emergenza Coronavirus, e si concretizzano negli appalti per le attività di sanificazione e disinfezione di immobili comunali. La Guardia di finanza ha sequestrato 8mila euro, in due mazzette, da 5 e 3mila euro, per l’aggiudicazione di contratti per servizi di pulizia. Arrestati un dipendente del Comune di Nichelino (Torino) e un dipendente di una ditta di pulizia.

Lo spaccio che rispetta i divieti – I nomi vanno dai calciatori del Napoli al cantante neomelodico, allo slogan della curva del San Paolo. Sono le chat dello spaccio su Telegram: lì arriva l’ordine che poi viene consegnato a domicilio. Perché se si sono decimati i guadagni che arrivano dalle classiche piazze di spaccio, rileva la Dda di Napoli, resiste lo spaccio “on demand”: una nuova formula sperimentata da anni che consiste nel trasporto e consegna a domicilio, affidata ai pony express dei clan, spesso pesci piccoli disposti al rischio, che travestiti da rider garantiscono anonimato, sicurezza e prodotto. L’uso massiccio dei telefoni e delle chat su Telegram li rende però più facili da intercettare per gli investigatori. Ma il delivery a domicilio non riesce a soddisfare una domanda triplicata. Allora un mini market del quartiere romano di Tor Pignattara in regola con i codici Ateco, aperto 24 ore al giorno, si è convertito allo spaccio. Nel retro-bottega oltre a mascherine prive del marchio CE c’erano anche sei panetti di hashish, pari a oltre mezzo chilogrammo di stupefacente.

E se i decreti anti contagio svuotano le piazze e consentono di uscire solo per fare la spesa o portare fuori il cane, il crimine si adatta. E i pusher per non dare nell’occhio si fingono clienti in fila al supermercato con tanto di guanti e mascherina, come alla Garbatella, dove una 45enne è stata arrestata in flagranza di reato. O come accaduto in viale Mazzini a Prati, dove uno spacciatore si è ingegnato a vendere “fumo” approfittando della passeggiata con il cane. 

il procuratore Antimafia Federico Cafiero de Raho

Le mafie da pandemia – Con negozi e pizzerie chiusi, per i clan gli introiti delle estorsioni si sono dimezzati. Ma come spiega il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, le mafie sono state lungimiranti. «Da tempo hanno riciclato i fiumi di denaro frutto delle varie attività illecite nel business collegato ai beni primari come il controllo di importanti mercati all’ingrosso e di catene di distribuzione. I clan avendo necessità di collocare i soldi liquidi approfitteranno anche della crisi delle aziende in seguito al blocco delle attività dovute alla pandemia, per agire come se fossero delle vere e proprie banche, per poi controllarle del tutto e trasformare gli imprenditori in prestanomi». Se questo avviene a livello “macro”, sul territorio i clan agiscono per garantirsi il consenso della gente. Sui social circolano video di esponenti della camorra che offrono la spesa e beni di prima necessità alle famiglie. La finta benevolenza, dice Vincenzo Schiavo presidente di Confesercenti Campania, serve ad asservire intere fette di territorio e conquistare manovalanza da impiegare nelle attività illecite, soprattutto nello spaccio. «E se lo Stato latita c’è già il mondo occulto dell’illegalità pronto a farne le veci». Anche a livello internazionale l’allerta è alta: la National Crime Agency ha lanciato l’allarme per le frodi online sulla vendita di prodotti miracolosi per combattere le malattie e in particolare il Covid-19, e il referente a Londra dell’associazione Libera, Davide Palmisano, riferisce di un’impennata dei furti di materiale sanitario come respiratori o mascherine di alta protezione ffp2 o ffp3, rivenduti sul dark web spesso controllato proprio dalle organizzazioni criminali.