Tariffe fisse e convenienti, possibilità di auto-servirsi illimitatamente e l’imbarazzo della scelta. L’aperitivo al buffet, o apericena dir si voglia, è una formula di ristorazione di successo, soprattutto nelle grandi città piene di giovani e di universitari. Ma ora deve essere ripensata. Nelle linee guida governative sulla riapertura dei locali, resta ancora vietata la consumazione al buffet. Un punto su cui non c’è stato un allentamento, a differenza di quanto accaduto per la distanza di sicurezza tra i tavoli, ora ridotta a un metro, e le barriere in plexiglass tra i clienti, non più obbligatorie.

Incassi a rischio – Un problema enorme per quei locali che finora avevano basato la propria attività soprattutto su questo servizio: «Per me rappresenta il 70% degli incassi», racconta Giovanna Brigida, proprietaria del ristorante “Maya Milano” sui Navigli, in procinto di festeggiare 10 anni di attività il prossimo 29 maggio. «Non voglio che il regalo sia la chiusura», racconta. Non aprirà già oggi, 18 maggio, ma tra qualche giorno, prendendosi un po’ di tempo per riorganizzare la sua offerta: «La zona buffet ci sarà come sempre, ma sarà inaccessibile ai clienti grazie a delle paratie in vetro. Un nostro cameriere, munito di guanti e mascherina, servirà i piatti a seconda delle richieste». Per evitare la ressa, bisognerà prenotarsi prendendo il numerino, come al banco dei salumi al supermercato. «Il servizio sarà più lento, alcuni saranno forse scoraggiati dalla trafila, ma sicuramente meglio questo che morire».

Menu fissi – Morte che significa chiusura dell’attività, fallimento. Uno scenario che ha preso in considerazione anche Nuccio Patané, responsabile de “L’Hora Feliz”, un altro locale frequentatissimo nel quartiere Carrobbio di Milano, in pieno centro. Neanche lui ha deciso di riaprire da subito. Le regole da seguire sono tante e devono ancora essere assimilate per bene: «Il decreto è uscito da appena un giorno, ho fatto la notte per leggerlo e cercare di capire qualcosa. Stasera è previsto un incontro con il Comune e speriamo di poter ricavare qualche indicazione più precisa». La certezza, però, è quella di dover sopperire alla mancanza del buffet, l’offerta principale della casa: «Stiamo pensando a dei menù fissi al tavolo, o a un servizio alla francese, forse la soluzione migliore. Il cameriere uscirà tra i tavoli e i clienti possono decidere se prendere o meno la pietanza che porta, servendosi da sé».

Una foto della protesta dei ristoratori alla Stazione Centrale di Milano

Problemi diffusi – Il problema non è solo milanese e coinvolge molte altre realtà. Lo Zero Zero Cento di Roma si trova a pochissimi passi dall’Università La Sapienza e dal quartiere San Lorenzo. Una meta ambita sia per un aperitivo veloce che per festeggiare lauree e compleanni. Le cose però sono destinate a cambiare, come spiega il proprietario: «Sto studiando delle soluzioni, al momento abbiamo solo delle idee, come quella di servire l’aperitivo al tavolo». Il problema è che per molte realtà questa tipologia di offerta rappresentava una peculiarità, un incentivo per essere scelti dalla clientela. Assaltare il buffet o sgomitare con eleganza tra i vari tavoli, studiare la circonferenza del proprio piatto per capire quanto cibo farci entrare, alzarsi perché si è visto qualcuno di interessante avvicinarsi da un altro tavolo, sperando che si presenti l’occasione per scambiare due chiacchiere. Il piacere di soddisfare subito la propria fame, senza dover sbuffare per un servizio lento. Niente di tutto questo sarà possibile per ancora molto tempo, ma il dramma vero resta soprattutto quello di gestori e proprietari. Reinventarsi da capo non è semplice.

Avvoltoi – «Ci sono già tanti avvoltoi che chiedono di vendere i locali a noi ristoratori», spiega Brigida. Per salvarli, qual è la soluzione migliore? Alzare i prezzi? «Inevitabile», spiegano dallo Zero Zero Cento. Ma Patanè ha dei dubbi: «Io parto dal presupposto che il cliente ora è in difficoltà come me, perciò dovrei abbassare le tariffe per invogliarlo a venire. Certo, se però penso che da 150 posti sono costretto a scendere a 40, qualche dubbio mi viene. Siamo nella classica situazione del gatto che si morde la coda».