Aperti sì, ma rispettando le regole. Dal 18 maggio bar, pub e ristoranti in alcune regioni potranno finalmente tirare su le saracinesche, con l’obbligo di adeguarsi a norme ben precise nel quadro dell’emergenza coronavirus. Capienze ridotte, distanza di due metri tra un tavolo e un altro, quattro metri quadrati tra i clienti, dispenser con gel disinfettanti, mascherina e guanti obbligatori. Queste alcune delle direttive del documento tecnico sulle «ipotesi di rimodulazione» del 12 maggio, pensato dall’Istituto Superiore di Sanità insieme a Inail, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro. Oltre alle norme pratiche di comportamento all’interno del locale, un altro aspetto fondamentale su cui le direttive si concentrano è quello dell’igiene. Pulizia e sanificazione. Termini che possono sembrare sinonimi ma che indicano pratiche ben differenti tra loro, obbligatorie a seconda dei casi.

Le direttive igieniche – «È opportuno ricordare che i coronavirus, quali il virus della SARS, e quello della MERS e lo stesso SARS-CoV-2, possono persistere su superfici inanimate fino a 9 giorni in dipendenza della matrice/materiale, della concentrazione, della temperatura e dell’umidità, anche se non è accertato vi persistano in forma vitale», spiega il documento per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor dell’Istituto Superiore della Sanità. È per questo che commercianti e gestori stanno seguendo alla lettera le direttive igieniche per poter riaprire nel massimo della sicurezza possibile. Il primo passo è quello della pulizia, e cioè l’eliminazione del cosiddetto “sporco visibile” tramite il lavaggio quotidiano degli ambienti e, in particolare, «di tutte le superfici toccate più di frequente, (porte, maniglie, finestre, vetri, tavoli, interruttori della luce, servizi igienici, rubinetti…)». Per questo tipo di procedura è sufficiente anche un’autocertificazione registrata dall’azienda o dal negozio su fogli cartacei o in formato digitale e che attesti l’effettuazione giornaliera della direttiva. Un livello di igiene superiore è quello invece dato dalla sanificazione. Differente dalla pulizia di base, è obbligatoria «nel caso in cui vi sia stata la presenza di episodi sospetti di persone con COVID-19 all’interno dell’edificio», spiega il documento tecnico del ministero della Salute. Si tratta di un intervento più approfondito volto all’eliminazione di tutte le cariche batteriche e agenti contaminanti su cui la pulizia di base non è in grado di intervenire. Etanolo al 70% e disinfettanti con concentrazione di candeggina tra lo 0,1% e lo 0,5% sono i prodotti più indicati, con una temperatura dell’acqua pari a 90 gradi se si tratta di tovaglie e altri materiali di tessuto. Anche per la sanificazione è possibile presentare un’autocertificazione nonostante alcuni, disponibilità economiche permettendo, preferiscano rivolgersi a ditte specializzate.

Costi e servizi – Nonostante le direttive indichino la sanificazione come procedimento obbligatorio solo in casi di contagi sospetti nel proprio locale, molti commercianti stanno scegliendo per l’intervento preventivo. Nei pochi giorni che mancano alla riapertura del 18 maggio, le aziende specializzate sono all’azione in ristoranti e pub: «Attualmente ho seicento clienti in tutta Milano, siamo oberati di lavoro», racconta Andrea Martucci, proprietario del Consorzio Activa, da più di vent’anni nel campo della sanificazione e il primo a essere intervenuto a Casalpusterlengo nella fase iniziale della pandemia in Italia. «Le commissioni sono raddoppiate, anche prima di sapere della riapertura del 18 maggio, i locali che avevano scelto l’asporto hanno preferito sanificare periodicamente». Le tecniche delle aziende professionali sono varie. Dal nebbiogeno, un particolare macchinario che polverizza gli atomi del prodotto disinfestante creando una fitta nebbia per tutto l’ambiente, all’ozono che riesce ad arrivare nelle parti difficilmente raggiungibili dai normali disinfestanti. Il tutto realizzato da operatori super attrezzati di mascherine filtranti ffp2 e tute adeguate, per proteggersi da agenti infettanti e vapori delle sostanze utilizzate. Ma quanto costa tutto questo? «Ho un locale sui Navigli e la sanificazione me la sono fatta da solo», racconta Roberto Galli, proprietario di un pub a Milano e presidente dell’Associazione Confcommercio La Darsena. «Molti commercianti scelgono il fai da te per i costi troppo elevati. Soprattutto per i gestori di locali con una metratura importante è una spesa che al momento risulta difficile da fare». Per una grandezza media di 200 metri quadri si parla di un minimo di 29 euro (ogni metro quadrato) per una spesa che supera i 500 euro per i locali di metratura più ampia.

L’aiuto del governo – Per incentivare le operazioni di messa in sicurezza dei posti di lavoro, il decreto Cura Italia, riconosce per l’anno 2020 un credito d’imposta pari al 50% delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, fino a un massimo di 20mila euro. Come specifica il decreto, la misura è rivolta «ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione» che, nel caso di sanificazioni fai da te, si vedranno risarciti per la metà anche tute di protezione, calzari, visiere e occhiali protettivi e mascherine fp2 e fp3 .